Di Maio: "Non sapevo del lavoratori in nero, chiudo l'azienda" | E sul padre: "Distante dai fatti, non come la Boschi"

Il leader del M5s accerchiato dopo lo scoop de "Le Iene". Taglia i ponti col padre ma alcuni del Movimento lo accusano: "Non sapevamo dell'azienda"

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E' ormai una valanga quella che deve affrontare Luigi Di Maio dopo lo scoop de Le Iene sui lavoratori in nero nell'azienda di famiglia. Il vicepremier in tv ha ammesso di non essere stato messo a conoscenza della cause di lavoro intentate contro l'impresa edile di suo padre (ma che era intestata alla moglie e poi passata a Luigi e sua sorella Rosalba). E Di Maio annuncia la prossima chiusura della ditta: "Entro l'anno sarà dismessa". E sul confronto con Maria Elena Boschi: "Io non mi sono messo a fare il giro delle sette chiese per salvare mio padre, prendo le distanze da quei fatti".

Il litigio col padre: "Ora che faccio?" - Stando alle ricostruzioni di diversi quotidiani, Luigi Di Maio non sarebbe stato davvero a conoscenza dei guai dell'azienda. O almeno non di tutti i guai. Durante un litigio, raccontato da alcuni presenti, Di Maio ha accusato il padre di non averlo avvisato: "Mi hai mentito, avevi detto che era un caso isolato invece sono quattro lavoratori in nero. E adesso che faccio?". Il timore nel Movimento è che ora si arrivi fino al leader. Di Maio in tv ha annunciato che porterà tutte le carte che dimostreranno come, nel periodo in cui ha lavorato per il padre Antonio, lui era in regola. "Ho le buste paga e le farò avere a Le Iene", ha detto. Ma finora la redazione della trasmissione Mediaset ancora non ha ricevuto nulla.

I mal di pancia dei deputati: "Perché non era nel curriculum la società?" - Ma gli attacchi a Di Maio non arrivano solo dall'esterno. Alcuni membri del M5s sono infuriati sulle dimenticanze del loro leader. La partecipazione azionaria nell'azienda di famiglia è comparsa solo nella dichiarazione reddituale quando è stato nominato ministro. Nel curriculum di Luigi, quello a disposizione degli iscritti al Movimento, non compariva infatti l'azienda di papà. Alcuni, fanno notare, per andare in Parlamento hanno lasciato il loro lavoro e ceduto aziende proprio per non essere accusati di possibili conflitti di interesse. Ora, avere un ministro che ha competenze anche sull'ispettorato del lavoro, il quale avrebbe o potrà interessarsi dell'azienda finita nell'occhio del ciclone, fa un po' storcere il naso ai "duri e puri" del Movimento.