Istat: Italia in recessione demografica, è record negativo di nascite | Blangiardo: "Peggior calo da 100 anni"
La popolazione residente è in diminuzione dal 2015. Al primo gennaio 2019 si stima che ammonti a 60,4 milioni, oltre 400 mila residenti in meno rispetto al primo gennaio 2015 (-6,6 per mille)
Il declino demografico in Italia non si arresta. Lo rileva l'Istat nel Rapporto annuale secondo cui "nel 2018 sono stati iscritti in anagrafe oltre 439mila bambini, quasi 140mila in meno rispetto al 2008". D'altra parte, fino al 2016 il 45% delle donne tra i 18 e i 49 anni non aveva ancora avuto figli. Ma coloro che avevano dichiarato che l'avere figli non rientra nel proprio progetto di vita erano meno del 5%.
Il declino demografico, spiega l'Istat, è il combinato disposto del calo delle nascite e dell'aumento tendenziale dei decessi. Ecco che se nel 2018 si contano quasi 140mila in meno rispetto al 2008, i cancellati per decesso sono poco più di 633mila, circa 50 mila in più.
Le ragioni della bassa natalità - Quanto alle ragioni della bassa natalità, per l'Istituto "la diminuzione della popolazione femminile tra 15 e 49 anni osservata tra il 2008 e il 2017 - circa 900 mila donne in meno - spiega circa i tre quarti del calo di nascite che si è verificato nello stesso periodo. La restante quota dipende dalla diminuzione della fecondità (da 1,45 figli per donna del 2008 a 1,32 del 2017). Inoltre, "la diminuzione delle nascite è attribuibile prevalentemente al calo dei nati da coppie di genitori entrambi italiani, che scendono a 359 mila nel 2017 (oltre 121 mila in meno rispetto al 2008)".
Popolazione in calo con 60,4 mln residenti - La popolazione residente in Italia è in calo dal 2015. Al primo gennaio 2019 si stima che la popolazione ammonti a 60,4 milioni, oltre 400 mila residenti in meno rispetto al primo gennaio 2015 (-6,6 per mille). Il contributo dei cittadini stranieri alla natalità della popolazione residente si va lentamente riducendo. Dal 2012 al 2017 diminuiscono, infatti, anche i nati con almeno un genitore straniero (oltre 8 mila in meno) che scendono sotto i 100 mila (il 21,7% del totale). La popolazione straniera residente sta a sua volta invecchiando: considerando la popolazione femminile, la quota di 35-49enni sul totale delle cittadine straniere in età feconda passa dal 42,7% del primo gennaio 2008 al 52,4% del primo gennaio 2018.
Paese sempre più vecchio, nel 2050 -6 mln in età lavorativa - La transizione nell'età anziana delle generazioni del baby boom, oggi nella fase adulta della vita, la principale determinante del futuro invecchiamento della popolazione. Le conseguenze più rilevanti riguarderanno però la popolazione in età attiva, che subirà un'intensa riduzione della forza lavoro potenziale. Nei prossimi anni le coorti in uscita risulteranno numericamente superiori a quelle in ingresso. Nel 2050, la quota dei 15-64enni potrà scendere al 54,2% del totale, circa dieci punti percentuali in meno rispetto a oggi. Si tratta di oltre 6 milioni di persone in meno nella popolazione in età da lavoro. L'Italia sarebbe così tra i pochi Paesi al mondo a sperimentare una significativa riduzione della popolazione in età lavorativa.
Il presidente Blangiardo: "Peggior calo demografico da 100 anni" - La recessione demografica che sta colpendo l'Italia, ormai dal 2015, appare "significativa" e si sta traducendo in "un vero e proprio calo numerico di cui si ha memoria nella storia d'Italia solo risalendo al lontano biennio 1917-1918, un'epoca segnata dalla Grande Guerra e dai successivi drammatici effetti dell'epidemia di 'spagnola'". Lo ha detto il presidente dell'Istat, Gian Carlo Blangiardo. Insomma per trovare una situazione comparabile occorre tornare indietro di circa 100 anni.
"Numerosità stranieri di tutto rilievo" - "Non va ignorato che la crescita della popolazione italiana degli ultimi vent'anni è avvenuta unicamente grazie all'aumento della componente di origine straniera", ha detto ancora Blangiardo, precisando che si tratta di "una componente che al primo gennaio 2019 conta 5 milioni e 234mila residenti, pari all'8,7% della popolazione, una numerosità di tutto rilievo e superiore al numero di abitanti di nove dei 27 Paesi dell'Ue".
"I giovani via dal Sud, vanno al Nord" - Il presidente dell'Istat ha quindi precisato che "si osserva un sistematico deflusso di giovani italiani dai 20 ai 34 anni con livello di istruzione medio-alto dalle regioni del Mezzogiorno verso il Centro-Nord", circa 250mila durante il decennio.