Quando Nintendo organizzò il primo "mondiale" dei videogiochi

Dal Texas alla California, nel 1990 in Nord America si scatena la Mario Mania

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Oltre 1.000 metri quadri di storia, divertimenti e musei: nel Fair Park di Dallas, Texas, c’è spazio anche per il Cotton Bowl, uno stadio da oltre novantamila posti a sedere la cui costruzione risale addirittura al 1930. Ed è al Fair Park che, quasi trant’anni fa, i videogiochi hanno iniziato a scoprire la loro dimensione più competitiva e spettacolare.

In un’epoca ancora lontana anni luce, per abitudini perlomeno, dal mondo delle comunicazioni istantanee e dal concetto stesso di streaming concesso e promosso da internet, è stato il primo Nintendo World Championship a chiamare a raccolta i migliori giocatori del mondo. Era il 1990 e, a dirla tutta, il “World Championship” della casa giapponese si beava dell’etichetta “mondiale” pur essendo pensato e organizzato per il solo pubblico del Nord America.

Molto prima che Splatoon e Super Smash Bros. diventassero i portabandiera di Nintendo nella scena competitiva professionale, è stata una singola compilation di tre giochi a togliere il sonno a centinaia di appassionati. Chi è accorso a misurarsi con il resto degli sfidanti tra Dallas, come detto, e Tampa, lungo l’arco di nove mesi: dall’inizio di marzo fino alla finalissima organizzata agli Universal Studios di Hollywood, in California, a pochi giorni dal primo Natale degli anni ’90.

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La speciale cartuccia del NES, la console a 8 bit che ha fatto conoscere al mondo Mario e Zelda, proponeva tre prove per una durata complessiva di 6 minuti e 21 secondi. Si cominciava con il dover raccogliere 50 monete a Super Mario Bros. nel minor tempo possibile, si proseguiva con l’ affrontare un circuito di Rad Racer (un gioco di guida realizzato da Square, l’etichetta di Final Fantasy) e si concludeva con una partita a Tetris, fino allo scoccare del gong. Il punteggio era calcolato attraverso particolari moltiplicatori, così da far raggiungere comunque dei totali altisonanti. Nessuno avrebbe comunque permesso a un singolo giocatore di definirsi l’effettivo campione del mondo, dato che vennero premiati tre differenti concorrenti in altrettante fasce d’età (sotto i dodici anni, tra i dodici e i diciassette e dai diciotto in su).

In premio ciascuno dei tre trionfatori ricevette 10.000 dollari in titoli di stato americani, un’auto nuova di zecca e un televisore da 40”, dimensione tutt’altro che risibile in quegli anni.

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Di quelle particolari cartucce da gioco vennero realizzate due versioni, una di un classico grigio, del tutto simile a quello che caratterizzava ogni “cartridge” della console di Nintendo, e una dorata, come quelle della serie di The Legend of Zelda. Sono proprio le sole ventisei copie della cartuccia dorata che oggi rappresentano un vero e proprio sogno per i collezionisti di tutto il mondo. Un sacro Graal che, quando riportato alla luce, viene battuto alle aste online a circa 15.000 Euro.

Ci fu in effetti una versione “beta” del Nintendo World Championship, sotto forma dei Nintendo Challenge Championship, organizzati nel 1989 in Canada e che avrebbero addirittura ispirato parte della storia e del feeling generale del film The Wizard, da noi arrivato come Il piccolo grande mago dei videogames. Una pellicola incentrata proprio sul viaggio di un ragazzino destinato a trionfare in un torneo organizzato da Nintendo. Oltre a uno dei più clamorosi casi di product placement della storia, fino ad allora. Tanto che la pellicola venne sfruttata proprio da Nintendo of America per presentare al suo pubblico l’imminente Super Mario Bros. 3. In quel momento storico la casa giapponese aveva il controllo pressoché totale del mercato, in particolar modo nel Nord America, e il film rappresentò il culmine di quella che venne chiamata “Mario Mania”, unitamente proprio al lancio di Super Mario Bros. 3 nel 1990.

Il Nintendo World Championship sarebbe tornato poi a venticinque anni di distanza, in occasione dell’Electronic Entertainment Expo di Los Angeles del giugno 2015. Un modo, per Nintendo, di ricordare le origini di una scena che, oggi, non la vede esattamente al centro delle discussioni.