America del Sud: Donnavventura nel deserto di Atacama
Le inviate del programma di Rete 4 percorrono uno dei luoghi più aridi e desolati della terra, tra le morbide alture dell’altopiano andino
L’Atacama, con il suo deserto, è uno dei luoghi più aridi al mondo, una realtà quasi “soprannaturale” che sembra essersi mantenuta identica nei millenni. Immobilità, pace e silenzio creano uno scenario suggestivo, dove lo sguardo si perde tra le morbide alture dell’altopiano andino, che disegnano sinuose valli contornate dalle alte cime della cordigliera de Domeyko.
Un’armonia cromatica che
dall’ocra e rosso, vira verso il
dorato del morbido manto delle vigogna, un tempo proprietà esclusiva dei sovrani inca, fino al rosa dei fenicotteri, amanti della acque salmastre del
Salar de Atacama, uno dei bacini salati più ampi del pianeta. Con le loro lunghe zampe si mantengono al di sopra del livello dell’acqua, che setacciano servendosi del particolare becco, in cerca del loro nutrimento.
Alle porte dell’Atacama si erge, come un miraggio, la
Mano del Deserto, una gigantesca scultura in granito alta 11 metri, creata dallo scultore cileno Mario Irarrázabal in onore delle vittime di ingiustizie e torture durante il regime militare in Cile.
Procedendo verso nord, tra il bianco dei depositi salini e i vapori caldi del bacino geotermico del vulcano Tatio, creatisi nelle profondità della terra per via del contatto con la lava incandescente, si raggiunge la
Valle della Luna, un ambiente surreale che deve il suo nome alle insolite formazioni geologiche che lo caratterizzano. Fa parte della riserva nazionale de Los Flamencos ed è composta principalmente da gesso, argilla e salgemma; anche in virtù della composizione del terreno, quest'area presenta una grande varietà di sculture naturali, stratificazioni e sfumature di colore davvero notevoli.
San Pedro de Atacama, situato a 2400 metri di altitudine, è la porta d’accesso a questo immenso deserto, un piccolo centro abitato che conta circa cinque mila persone ed è immerso anch’esso in un’atmosfera di placida immobilità, dove lo scorrere del tempo sembra l’ultimo pensiero dei suoi serafici abitanti.