I laureati del 2019 sono "più bravi", ma la pandemia frena l'occupazione
Maggiore regolarità degli studi, abbassamento dell'età di laurea, più opportunità di lavoro, ma l'effetto Covid-19 spegne gli entusiasmi: nei primi mesi del 2020 per i neo laureati tasso di occupazione al -9%.
Diminuisce l'età media dei laureati, che risultano anche più regolari negli studi (seppur il voto medio di laurea resti immutato rispetto al passato). Quasi la totalità degli studenti universitari, inoltre, è soddisfatta della propria carriera universitaria. Peccato per l'emergenza Covid-19 che ha stravolto ogni piano, mortificando le loro prospettive occupazionali. Eccolo, in estrema sintesi, il Rapporto Almalaurea 2020 sul profilo dei laureati, elaborato basandosi su una rilevazione che coinvolge oltre 290mila laureati del 2019 di 75 Atenei, per restituire un’approfondita fotografia delle loro principali caratteristiche. Il sito Skuola.net ne riporta i passaggi salienti.
Gli studenti si laureano prima e sono più regolari
L'età media dei laureati, nel 2019, è pari a 25,8 anni: 24,6 anni per i laureati di primo livello, 27,1 per quelli dei corsi magistrali a ciclo unico, 27,3 per i laureati magistrali biennali. In deciso calo rispetto alla situazione pre-riforma, continuando a diminuire anno dopo anno: nel 2009, ad esempio, l'età media di un laureato era infatti 27,1 anni. Un dato che tiene conto anche del ritardo nell'iscrizione al percorso universitario (si tratta del ritardo rispetto alle età "canoniche" dei 19 anni, per la laurea di primo livello e per quella a ciclo unico, e di 22 anni per la magistrale biennale), che tra i laureati del 2019 in media è pari a 1,4 anni; altrimenti sarebbe stato ulteriormente più basso.
Anche la regolarità negli studi, che misura la capacità di concludere il corso di laurea nei tempi previsti dagli ordinamenti, ha registrato negli ultimi anni un forte miglioramento. Se nel 2009 concludeva gli studi in corso il 39,2% dei laureati, nel 2019 la percentuale raggiunge il 55,7%: tra i magistrali biennali si arriva al 61,0%; tra i laureati di primo livello la quota di studenti 'in corso' è del 56,1%; mentre si ferma al 43,5% tra i magistrali a ciclo unico. A parità di condizioni, rispetto a chi si laurea al Nord, chi ottiene il titolo al Centro impiega il 12,5% in più e chi si laurea al Sud o nelle Isole il 19,8% in più.
Tuttavia il voto medio di laurea è sostanzialmente immutato negli ultimi anni (103,1 su 110 nel 2019, stesso valore osservato nel 2009): 100,1 per i laureati di primo livello, 105,3 per i magistrali a ciclo unico e 107,9 per i magistrali biennali. La votazione più elevata, dunque, è ad appannaggio dei laureati magistrali biennali, che scavano un solco netto tra loro e i colleghi delle lauree triennali: nel 2019 l'incremento medio del voto di laurea alla magistrale rispetto alla laurea di primo livello è di 7,7 punti su 110. Il 90,1% dei laureati, inoltre si dichiara complessivamente soddisfatto dell'esperienza universitaria appena conclusa (nel 2009 era l'86,6%); in particolare, si tratta del 90,1% tra i laureati di primo livello, dell'88,3% tra i magistrali a ciclo unico e del 90,8% tra i magistrali biennali.
Aumenta il tasso di occupazione dei laureati
Dati in miglioramento anche per quanto riguarda il tasso di occupazione: nel 2019 la quota di laureati occupati (a un anno dal conseguimento del titolo) è pari: al 74,1% tra i laureati di primo livello e al 71,7% tra i laureati di secondo livello, con valori in aumento rispetto al passato in entrambi i casi. Il confronto con le precedenti rilevazioni ci dice, infatti, rispetto al 2014 (anno che ha rappresentato il punto di svolta), l'occupazione risulta aumentata di 8,4 punti percentuali per i laureati di primo livello e di 6,5 punti per i laureati di secondo livello. Ad un anno dal conseguimento del titolo, la forma contrattuale più diffusa è il lavoro non standard, prevalentemente alle dipendenze a tempo determinato, che riguarda oltre un terzo degli occupati.
L'emergenza Covid-19 ha bloccato il trend positivo
Il rapporto AlmaLaura include però un approfondimento su questi ultimi mesi legati all'emergenza coronavirus, che stempera gli entusiasmi. L’indagine 2020 ha infatti coinvolto, da marzo ai primi di giugno, oltre 100.000 laureati del periodo gennaio-giugno 2019 (di primo e di secondo livello) contattati a un anno dal titolo, e circa 50.000 laureati del periodo gennaio-giugno 2015, di secondo livello, contattati a cinque anni dal titolo (è escluso, quindi, il settore medico). Con i risultati (ancora parziali), relativi a oltre 46.000 interviste a un anno dalla laurea e a circa 19.000 a cinque anni dal titolo, che certificano quel che era sotto gli occhi di tutti: il lockdown si è tradotto in una netta contrazione delle opportunità di lavoro. Nei primi mesi del 2020, il tasso di occupazione a un anno dal conseguimento del titolo è pari al 65,0% tra i laureati di primo livello e al 70,1% tra i laureati di secondo livello. Con un calo, rispettivamente, di 9,0 punti e di 1,6 punti rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente.
I dati analizzati evidenziano abbastanza chiaramente come siano in particolare i neo-laureati (intervistati a un anno dal titolo) ad aver accusato il colpo legato alle conseguenze della pandemia. I laureati a cinque anni dal titolo, spesso già inseriti nel mercato del lavoro, non hanno invece risentito particolarmente della situazione. Da notare, in questo quadro, che sono soprattutto le fasce “deboli” ad aver avuto conseguenze più pesanti: i segnali di peggioramento più forti interessano i laureati del Sud e, soprattutto, le donne. Infatti, tra i laureati di primo livello il tasso di occupazione risulta pari al 69,1% per gli uomini e al 62,4% per le donne (nel 2019 il tasso di occupazione a un anno era, rispettivamente, pari a 77,2% e a 72,2%). Tra i laureati di secondo livello il tasso di occupazione è pari al 75,5% per gli uomini e al 66,2% per le donne (nel 2019 il tasso di occupazione a un anno era, rispettivamente, pari a 76,5% e 68,2%).
Per quanto riguarda le differenze tra Nord e Sud Italia, si riscontra che - per i laureati di primo livello - il tasso di occupazione è del 71,4% tra i laureati residenti al Nord e del 56,5% tra quelli residenti al Sud (nel 2019 erano, rispettivamente, 80,6% e 64,8%). Tra i laureati di secondo livello il tasso di occupazione risulta, nei primi mesi del 2020, pari al 79,0% tra i laureati residenti al Nord e al 61,2% tra quelli residenti al Sud (nel 2019 erano, rispettivamente, 81,0% e 62,3%).