Coronavirus, il presidente dei biologi: "Non è più grave di un'influenza, il panico è peggiore della malattia"
Vincenzo D'Anna vede un allarmismo esagerato. "Bisognerebbe parlare in maniera meno catastrofica. E' tutto fermo per un virus che uccide come un'influenza. Troppi scienziati cercano i riflettori"
Il presidente dei biologi in Italia cerca di abbassare la tensione scatenata dall'emergenza coronavirus, avverte che "il panico è peggiore della malattia" e definisce il Covid-19 "poco più di un virus influenzale". "Bisognerebbe parlare alla gente in maniera meno catastrofica e più pacatamente - spiega Vincenzo D'Anna -. E' tutto fermo, tutto paralizzato: la Borsa ha bruciato circa 40 miliardi di euro, ricchezza che se ne va".
"E' solo un virus influenzale" - "Iniziamo a chiamare le cose con il loro nome - aggiunge l'esperto, intervenendo ai "Lunatici" su Rai Radio 2 -. Lasciamo stare la Cina. Lasciamo stare le smanie di mettere in quarantena migliaia e migliaia di persone. Bisogna mettere in quarantena solo quelli per i quali esista un fondato sospetto di contagio. Ma si tratta sempre del contagio di un virus influenzale. Un virus che ha una mortalità, se vogliamo, ancora più bassa di un virus influenzale".
"Titoloni e brutte notizie" - Secondo D'Anna "il coronavirus non è più grave o più mortale di una influenza. I nostri stessi morti, e dispiace sempre quando una persona decede, erano ottuagenari, o persone già malate, di cancro o con malattie croniche di tipo cardiorespiratorio. Avrebbe potuto ucciderle anche un virus influenzale. Questa è la verità. Non possiamo sparare alle mosche con il cannone. Mi aspetto che gli scienziati comincino a parlare. Molti hanno paura di essere aggrediti, di essere tacciati come superficiali, perché le brutte notizie sono sempre più gradite delle buone notizie. Sono le brutte notizie che fanno i titoloni sui giornali. E in questi giorni ne abbiamo lette tante".
Accusa agli scienziati - Il numero uno dei biologi lancia poi la stoccata alla categoria e chiarisce: "Diciamoci la verità, noi non abbiamo scienziati molto coraggiosi in Italia. Ognuno quando può non si esime dal mettersi sotto i riflettori, mentre in pochi non inseguono come star la luce dei fari. Mi auguro e spero che questa frenesia finisca, che la gente si cominci a rendere conto che contrarre il coronavirus è come contrarre un virus influenzale. In Europa non ci sono molti contagiati perché molte nazioni il virus non lo cercano".