A vederlo seduto nel suo moderno ufficio di Washington DC, nessuno sospetterebbe che il sudanese Lual Mayen in realtà nasconda un'infanzia da rifugiato di guerra. L'appena 24enne amministratore delegato dello studio indie Junub Games racconta la sua storia attraverso Salaam, il videogioco che lui stesso ha creato e che definisce a metà tra un survival e uno strategico su un tema inusuale per il mondo videoludico: la pace (significato del termine arabo e titolo del gioco).
Il giovane game creator svela di essere nato in territorio di guerra, nel sud dello stato africano del Sudan, e di come la sua famiglia abbia vagato per chilometri senza acqua e cibo per giungere in un campo profughi nel nord dell'Uganda. Mayen racconta di come, cercando di sopravvivere ai continui bombardamenti dell'esercito sudanese, abbia avuto l'idea di un videogame che sponsorizzasse la pace nel mondo.
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"Ho ricevuto il mio primo laptop a 12 anni. Era il computer del servizio di smistamento del campo e mia madre, che aveva a malapena i soldi per comprare da mangiare, ha lavorato senza sosta per tre anni rammendando vestiti, arrivando così a racimolare la somma necessaria per regalarmelo." Proprio su quel computer è nata la prima versione mobile del gioco, che il ragazzo ha pensato di regalare ai suoi amici perché avessero qualcosa con cui intrattenersi, "qualcosa che li potesse riunire tutti insieme per imparare o giocare".
"Se hai attraversato momenti di enorme difficoltà, la prima cosa che ti chiedi è come tu ne sia venuto fuori e come potresti sfruttare quest'opportunità per fare del bene". Nella versione aggiornata del gioco, infatti, i giocatori possono vestire i panni di un rifugiato in fuga dai bombardamenti, alla ricerca di acqua e punti energia per sopravvivere nel suo lungo peregrinare di territorio in territorio, trasformando lentamente un presente devastato dalla guerra in un futuro pacifico.
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Il bello di Salaam sta nel fatto che nel momento in cui il personaggio esaurisce la propria energia, viene richiesto al giocatore di acquistare più cibo, acqua e medicine con denaro reale che, oltre a sostenere il gioco, verrà devoluto a favore di un vero rifugiato attraverso le partnership di Junub Games con varie ONG.
Attraverso le sue transazioni in-game, il gioco di Mayen offre dunque un supporto concreto ai rifugiati, ma cercando allo stesso tempo di rendere i suoi utenti consapevoli di cosa significhi vivere in condizioni simili a quelle in cui Mayen e la sua famiglia hanno vissuto e che ancora colpiscono tantissimi sopravvissuti alle violente guerre civili in territorio africano.
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"La pace è qualcosa che si costruisce nel tempo", ha detto Mayen. "Non si tratta di persone che si incontrano e firmano un cessate il fuoco e così via. È un'intera generazione di cambiamenti. È un cambio di mentalità. È un cambiamento di atteggiamento reciproco ". Per quanto ci riguarda, quel cambiamento potrebbe iniziare proprio partendo dal mondo dei videogiochi il prossimo dicembre, probabile finestra di lancio di questo particolarissimo gioco dal significato così profondo.