Siria, la Turchia non si ferma: "Avanti con o senza il sostegno del mondo"
Ma Ankara ora deve fare i conti con le forze di interposizione russe, mentre continuano ad arrivare condanne dall'Europa. Giovedì Pence e Pompeo saranno nella capitale turca per trattare un cessate il fuoco
La Turchia proseguirà la sua operazione militare nel nord della Siria "con o senza il sostegno del mondo". Lo ha scritto in una nota il capo della comunicazione della Presidenza di Ankara, Fahrettin Altun. "Continueremo a combattere tutti i gruppi terroristici, compreso Daesh (Isis), che il mondo accetti o meno di sostenerci", aggiunge Altun, che accusa inoltre i curdi di aver concluso uno "sporco" accordo con il regime di Bashar al Assad.
Da martedì pomeriggio l'
esercito del presidente Bashar al
Assad ha il "t
otale controllo" di Manbij, località strategica a ovest del fiume Eufrate, alle cui porte scalpitavano le milizie arabe filo-Ankara. La loro avanzata è stata bloccata sul nascere dall'arrivo delle truppe di Damasco, dopo che la Coalizione internazionale anti-Isis a guida Usa aveva ufficializzato il suo ritiro, e dallo schieramento della 'polizia militare' russa come forza d'interposizione sul perimetro della città, "lungo la linea di contatto tra gli eserciti siriano e turco".
Un intervento che segna il primo vero stop all'incursione turca, nel settimo giorno dell'operazione militare 'Fonte di pace'. Anche
Kobane sembra ormai
fuori portata, con i soldati di Assad scortati dai russi pronti a occupare anche lì il posto lasciato vacante dagli americani. Entro 24 ore arriverà poi in Turchia il vicepresidente americano Mike
Pence,
inviato da Donald Trump dopo le sanzioni
per chiedere a Erdogan un cessate il fuoco. Ma il presidente turco non molla e ha già anticipato che Ankara non dichiarerà mai un cessate il fuoco. "Presto metteremo in sicurezza" l'intero confine turco-siriano "da Manbij al confine con l'Iraq", ha promesso. Obiettivo: conquistare più terreno possibile per mettere al sicuro le frontiere e rimandare a casa i rifugiati. "Un milione in una prima fase, due milioni in una seconda tappa", ha spiegato il Sultano.
Erdogan continua a minacciare l'Europa: "La comunità internazionale deve sostenere gli sforzi del nostro Paese o cominciare ad accettare i rifugiati" ha detto al "Wall Street Journal".. Ma sull'offensiva turca continuano a piovere condanne.
Anche Gran Bretagna e
Spagna si sono aggiunte alla lista di Paesi europei - dopo Italia, Germania, Francia, Olanda e Paesi scandinavi - che hanno
sospeso la
concessione di nuove
licenze ad Ankara per forniture di equipaggiamenti militari. Per Londra, si tratta di "un'azione sconsiderata e controproducente, che dà forza alla Russia e al regime di Assad". Mercoledì ne parleranno a Bruxelles gli ambasciatori Nato e a porte chiuse si riunirà anche il Consiglio di sicurezza dell'Onu. Intanto però una fonte bene informata del governo di Berlino ha fatto sapere che per il momento "il tema delle sanzioni alla Turchia non è in agenda" del prossimo Consiglio europeo di giovedì.
Nell'area al centro dell'operazione turca gli scontri
proseguono invece
senza sosta. Raid d'artiglieria hanno preso di mira per diverse ore Tal Abyad e l'offensiva prosegue anche a Ras al Ayn. I curdi continuano a rispondere con raffiche di mortai verso le zone di confine, dove oggi sono morti altri due civili più a est, nella provincia di Mardin, portando a 20 il totale delle vittime in Turchia. Sul fronte curdo i morti tra la popolazione sono invece almeno 90, tra cui 21 minori, secondo l'ultimo bollettino dell'Ondus. Per Ankara, sono oltre 600 i combattenti nemici uccisi. Una cifra che l'Ondus fissa invece a 158, a fronte di 121 miliziani filo-turchi morti.
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