Mentre le operazioni militari turche in Siria proseguono, l'Europa si divide sul tema: mentre Francia e Italia chiedono sanzioni contro Ankara, la Germania e i Paesi di Visegrad frenano temendo che Erdogan concretizzi le (nuove) minacce di aprire le frontiere riversando in Europa centinaia di migliaia di profughi. Ma i migranti non sono l'unico fattore di tensione, perché l'Europa (e l'Italia) hanno con Ankara anche interessi commerciali.
L'Unione europea, ricorda infatti un articolo di Repubblica, è il primo mercato di sbocco dei prodotti turchi davanti a Russia, Cina e Usa, tanto che nel 2018 il 42% degli scambi commerciali del Paese è stato con l'Europa. E a sua volta la Turchia è il quinto partner commerciale dell'Ue e il primo della Germania. Ma anche l'Italia ha i suoi begli interessi nel Paese, dove le nostre aziende vendono soprattutto armi, tanto da farne il primo cliente internazionale: secondo il quotidiano, un rapporto del 2018 sottolinea come le imprese italiane abbiano esportato verso la Turchia armi per 890 milioni di euro nei quattro anni precedenti, fatturando nel solo 2018 ben 360 milioni di euro.
Così, mentre Francia e Germania hanno già annunciato lo stop delle forniture militari alla Turchia, l'Italia è meno netta, e ha fatto sapere, per bocca di Di Maio, che invece di agire in modo indipendente chiederà una misura comune europea per bloccare i trasferimenti di materiale bellico.
Intanto, però, anche la Nato è preoccupata. Perché Ankara, formalmente nel novero degli alleati del Patto atlantico (con il secondo esercito per dimensioni dopo quello americano), in realtà dallo scorso anno ottiene armamenti anche dalla Russia: Mosca ha infatti iniziato a fornire sistemi di difesa missilistica S-400. E questa inedita alleanza commerciale pone la Turchia in una situazione ambigua, che fa temere ai vertici Nato che i russi possano ottenere informazioni sensibili sui sistemi difensivi dell'Alleanza atlantica.
Infine, sottolinea Repubblica, c'è un altro motivo di tensione tra Ankara e Bruxelles: a luglio, infatti, Ankara ha annunciato trivellazioni per lo sfruttamento di giacimenti di gas a Nord-Est di Cipro (isola divisa, la cui parte turca non è riconosciuta dalla comunità internazionale). Operazioni che per l'Ue sono illegali, anche perché vi sono licenze operative già assegnate (nella zona economica esclusiva dell'isola) a Total ed Eni, società rispettivamente italiana e francese. E Parigi ha già fatto sapere che invierà una nave da guerra in zona. Lo stesso, secondo la Grecia, ha fatto l'Italia (che però ufficialmente non ne ha fatto parola), inviando una fregata nell'area.