Durante il primo mandato di Donald Trump, gli Usa hanno assistito a un cambiamento radicale nella politica commerciale: dal tradizionale sostegno al libero scambio a un deciso protezionismo. I dazi imposti tra il 2017 e il 2021 - ben più lievi di quelli minacciati adesso - forniscono un'importante lezione su cosa potrebbe accadere con la nuova ondata di tasse sulle importazioni: a pagare saranno gli americani.
Emblematico il caso delle lavatrici -
Nel 2018, l'amministrazione Trump impose tariffe dal 20% al 50% sulle lavatrici importate, una misura rimasta in vigore fino al febbraio 2023. I risultati? Esattamente come previsto dai critici, i prezzi aumentarono significativamente. Uno studio condotto dall'Università di Chicago ha rilevato che entro il 2019 i prezzi delle lavatrici e delle asciugatrici erano cresciuti del 12%, circa 90 dollari in più per macchina. È interessante notare che anche i prezzi delle asciugatrici, non soggette a dazi, aumentarono poiché spesso vendute in combinazione con le lavatrici.
Al termine del periodo di dazi, nel febbraio 2023, i prezzi degli elettrodomestici per il bucato erano aumentati del 34% rispetto al 2018, mentre l'inflazione generale nello stesso periodo era stata del 21%.
Il presunto sostegno all'economia a stelle e strisce -
Gli attesi nuovi posti di lavoro sono davvero stati creati, ma a caro, carissimo prezzo. Produttori stranieri come LG e Samsung hanno effettivamente aperto fabbriche negli Stati Uniti per aggirare i dazi. Gli economisti dell'Università di Chicago hanno stimato che questa politica ha creato circa duemila posti di lavoro nel paese. Tuttavia, questi impieghi sono arrivati a un costo esorbitante: i consumatori americani hanno pagato collettivamente circa 820mila dollari in prezzi maggiorati per ogni posto di lavoro creato. Un prezzo decisamente alto per stimolare l'occupazione manifatturiera.
Effetti collaterali -
Paradossalmente, alcune aziende americane che avevano richiesto i dazi finirono per pentirsi della loro posizione. Whirlpool, per esempio, ha beneficiato inizialmente delle tariffe sulle lavatrici, ma ha poi sofferto a causa di altri dazi imposti sull'acciaio e l'alluminio che hanno aumentato i costi di produzione, creando quello che un dirigente ha definito un "vento contrario" per l'azienda. Secondo un'analisi della Federal Reserve del 2019, i dazi imposti durante il primo mandato di Trump hanno addirittura ridotto l'occupazione nel settore manifatturiero nelle industrie interessate, contraddicendo uno degli obiettivi principali della politica.
L'impatto generale sull'economia -
L'effetto dei dazi si è esteso ben oltre i singoli settori colpiti. Secondo stime dello Yale Budget Lab, le tariffe su Canada, Messico e Cina avrebbero potuto ridurre il reddito disponibile delle famiglie americane fino a duemila dollari.
Altri dazi del passato -
Guardando più indietro nella storia, altri dazi si sono rivelati disastrosi per l'economia statunitense, come quelli imposti sotto William McKinley negli anni '90 dell'Ottocento che causarono ondate di inflazione, o le tariffe Hawley-Smoot degli anni '30 che aggravarono la Grande Depressione.
Prezzi delle auto, le simulazioni sul 2025 -
Il 3 aprile Trump dovrebbe imporre dazi del 25% su tutte le automobili prodotte al di fuori degli Stati Uniti. Ciò significa che le aziende che importano automobili di produzione straniera, come le concessionarie, dovranno pagare una tassa del 25% su ogni veicolo straniero acquistato. Un'auto non americana che prima costava 20mila dollari arriverà a costare 25mila insomma. Ma secondo gli analisti, i rincari riguarderanno anche le auto made in US. Questo perché i produttori di auto statunitensi dovranno pagare i dazi sui componenti realizzati all'estero e affrontare una concorrenza più debole. Alla fine i prezzi delle auto statunitensi cresceranno tra i 4mila e i 15mila dollari per veicolo.