L'accordo sui migranti, sottoscritto dai partner europei a Malta il 23 settembre scorso già scricchiola, dopo gli ultimi arrivi record in Grecia e a Cipro e minaccia di innescare una nuova crisi tra gli Stati membri. La discussione sul Mediterraneo centrale e sulla cosiddetta "rotta balcanica" continuerà nei prossimi giorni e una prima riunione tecnica è già prevista per venerdì prossimo, a Bruxelles.
L'intervento del Ministro dell'Interno - A quel tavolo, il nostro Ministro dell'Interno, Luciana Lamorgese, è pronta a chiedere il coinvolgimento del maggior numero di Paesi possibile per novembre-dicembre, "C'è già" in qualche modo l'attuazione dell'intesa - spiega - perché i migranti sbarcati dalle navi delle ong vengono ripartiti". Una posizione condivisa anche dal responsabile degli esteri lussemburghese Jean Asselborn che ha sottolineando l'aspetto politico della vicenda: "Sono contento del cambiamento in Italia - ha dichiarato - questo è molto positivo, e non si può lasciare l'Italia esposta". In effetti, sarebbero cinque-sei in tutto, i Paesi apertamente favorevoli all'entrata in vigore del meccanismo di redistribuzione automatica - che dovrebbe alleggerire il peso dagli hotspot e dai centri di accoglienza di Roma e La Valletta.
L'intervento del capo dello Stato - Intanto lo stesso presidente Sergio Mattarella, durante la sua visita in Danimarca - Paese non favorevole alla ridistribuzione - ha avuto modo di constatare di persona la distanza sull'accordo e ha ammonito: "Quello dei migranti è un problema che bisogna governare. Non si può far finta di rimuoverlo".
Per ora, il numero degli sbarchi in Italia, resta relativamente basso rispetto ad altri paesi come la Grecia, che nel solo mese di settembre ha fatto registrare un dato record di 11.500 arrivi dopo ll'entrata in vigore dell'accordo Ue-Turchia. A Cipro sono 9000 le richieste di asilo e a Malta poco meno di 4mila. Nel rapporto richieste per milione di abitanti, il nostro paese figura al 16mo posto, con solo alcune centinaia di domande.
Il rischio Siria - Fatto sta, che per tornare a frenare i flussi la Turchia chiede all'Unione circa un miliardo di euro per il 2020. Un punto che sarà trattato al summit dei leader della prossima settimana. Anche in vista di uno scenario preoccupante per una possibile operazione militare di Ankara contro le milizie curde nel nord-est della Siria: Il rischio enorme è un'ondata di migliaia di nuovi profughi pronti a bussare alle porte dell'Europa, mettendo di nuovo repentaglio quel che resta dell'area Schengen.