I 24 volti di Billy Milligan, protagonista di uno dei più controversi procedimenti giudiziari della storia americana, approda a teatro. In prima nazionale al Franco Parenti di Milano dal 18 marzo al 13 aprile va in scena "Schegge di memoria disordinata a inchiostro policromo", uno spettacolo di Fausto Cabra con la drammaturgia di Gianni Forte, di recente nominato direttore artistico dei teatri di Bari.
La storia di Billy Milligan -
Lo spettacolo si ispira alla incredibile storia di fine anni 70, che vede protagonista Billy Milligan, accusato di aver rapito, stuprato e rapinato tre studentesse. Durante il processo emerse un elemento senza precedenti: il giovane ospitava dentro di sé 24 personalità diverse. La sua condizione lo portò a essere il primo imputato nella storia degli Stati Uniti a essere dichiarato non colpevole per infermità mentale dovuto ad un disturbo dissociativo della personalità, dando il via a un acceso dibattito tra giustizia, psichiatria e opinione pubblica.
Oltre il racconto giudiziario nei meandri della mente -
"Da molti anni coltivavo la fantasia di sviluppare uno spettacolo su questo caso", ha raccontato il regista: "ma volevo che fosse più di un semplice racconto giudiziario. Ho chiesto quindi a Gianni Forte di trasformarlo in un viaggio più ampio sull'identità, la finzione, l'auto-menzogna e il processo di liberazione dal trauma".
Attraverso la storia di Billy, figlio di un attore comico suicida e cresciuto in un ambiente familiare ostile, Fausto Cabra e Gianni Forte si son addentrati nelle zone più oscure e disturbanti della mente umana, dove non esistono più certezze assolute per confrontarsi con la complessità di ciò che siamo.
© Ufficio stampa
Gianni Forte
Realtà sovrapposte -
Proprio per rappresentare lo scardinamento della realtà, creduta tale, la messinscena si sviluppa come un flusso continuo di piani narrativi sovrapposti, riflettendo la frammentazione mentale del protagonista e chiamando il pubblico ad orientarsi tra realtà oggettiva, percezione soggettiva e stratificazioni interiori, immergendosi in uno spazio scenico in cui i confini tra sogno, ricordo e presente si dissolvono.
Il palcoscenico diventa un luogo fluido, un territorio mutevole dove le certezze si sgretolano e la narrazione assume la forma di un mosaico da decifrare.
Questo gioco di sovrapposizioni si riflette nella drammaturgia di Gianni Forte, che costruisce la storia intrecciando tre livelli narrativi distinti.
Tre indagini, tre livelli narrativi -
Da un lato c'è l’indagine legale, che mette in luce la verità processuale di Billy Milligan, tra prove, testimonianze e contraddizioni sui crimini di cui è accusato. Parallelamente, si sviluppa l’indagine psicologica, che ci conduce nei labirinti della sua mente dissociata, esplorando i traumi e i meccanismi di difesa che hanno frammentato la sua identità in molteplici personalità. A queste due dimensioni si aggiunge l’indagine teatrale, che si interroga sulla natura stessa della rappresentazione e sulla capacità del teatro di smascherare le illusioni, rivelando al tempo stesso la potenza e il pericolo della finzione.
Nel ruolo di Billy Milligan, Raffaele Esposito, che con abilità camaleontica, dà corpo e voce ad alcune delle molteplici identità del protagonista restituendone tutta la complessità.
Lo scollegamento dal magma interiore -
Il risultato è un racconto a più strati, esattamente come la mente di Milligan, ma, più in generale, come si presenta anche la vita di ogni individuo costretto a restare in equilibrio sulla superficie, nella convinzione di essere coerente, unitario, giusto, semplice, costante, ma, costretto, per reggere questa menzogna, a tagliare ogni comunicazione con la propria interiorità, a scollegarsi dal proprio magma interiore.
In questo scollegamento si rispecchia il bisogno di verità chiare, semplici, rassicuranti di ognuno e la necessità di deformare la realtà pur di ritrovare questa confortante dualità, buono/cattivo, bello/brutto, luce/buio. "La verità indicibile", si legge nelle note di regia: "è invece che ogni individuo è profondamente incoerente, poliforme, contrastato, aggrovigliato, e le luci sono continuamente rimpastate con le ombre. Avere il coraggio di accogliere la propria complessità con serenità e di accettare che la propria identità sia in continuo riassestamento e un continuo compromesso tra parti di sé, permette anche di connettersi empaticamente all’altro, e con solidità alla complessità del reale che ci circonda. Proprio qui il Teatro si fa politico, smascherando questo bisogno di certezze assolute e immutabili".
Tra realtà e finzione -
Lo spettacolo esplora proprio quel confine tra realtà e menzogna, tra ciò che è autentico e ciò che è costruito in una società dove vige l'iper-finzione e l'auto-menzogna e vuole riportare in primo piano il gioco teatrale, l'arte dell'interpretazione, e il rischio che l'attore si deve assumere ogni volta che sale su un palco, il rischio di esporsi, di compromettersi attraverso il gioco, di mostrarsi mentre si nasconde.
Rischiare per rinascere -
Questo spettacolo invita a guardare l’essere umano come intrinsecamente molteplice, caotico, incoerente, complesso, per darsi l’opportunità di iniziare a rinascere.
"Non ci sono risposte semplici, ma domande impossibili, territori sconosciuti perché questa è, in fondo, l’essenza del teatro: rischiare, trasformare, smascherare, condividere".