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Roma Jazz Festival, da Archie Shepp ad Abdullah Ibrahim tra migrazioni e integrazione

La 43esima edizione animerà la Capitale con 21 concerti dal 1° novembre al 1° dicembre

Ufficio stampa

Impegno per i diritti umani, lotta all’apartheid, narrazione della migrazione, integrazione e inclusione sono i temi che accomunano i protagonisti della 43esima edizione di Roma Jazz Festival. La manifestazione nella Capitale in scena dal 1° novembre al 1° dicembre schiera nomi come Archie Shepp, Abdullah Ibrahim, Antonio Sanchez, Carmen Souza, Dave Holland e Kokoroko.

"No borders. Migration and integration" è l’attualissimo titolo di questa edizione, accompagnato da un programma pensato per indagare come oggi la musica jazz, nelle sue ampie articolazioni geografiche e stilistiche, rifletta una spinta a combattere vecchie e nuove forme di esclusione.  

La manifestazione animerà la Capitale con 21 concerti fra l’Auditorium Parco della Musica, la Casa del Jazz, il Monk e l’Alcazar. I protagonisti? Si va dalle icone della storia del jazz come Archie Shepp, Abdullah Ibrahim, Dave Holland, Ralph Towner e Gary Bartz alle esponenti della nuova scena come Kokoroko,  Moonlight Benjamin, Donny McCaslin, Maisha e Cory Wong, in grado di far scoprire il jazz alle generazioni più giovani.

Spazio alle grandi protagoniste femminili come Dianne Reeves e Carmen Souza al fianco dei talenti più recenti come Linda May Han Oh, Elina Duni e Federica Michisanti. Si passa dalle esplorazioni mediterranee e asiatiche dei Radiodervish, Tigran Hamasyan e dell’ensemble Mare Nostrum con Paolo Fresu, Richard Galliano e Jan Lundgren alle contaminazioni linguistiche di Luigi Cinque con l’Hypertext O’rchestra. Senza dimenticare il batterista anti-Trump Antonio Sanchez, la nostalgia migrante raccontata in musica dalla Big Fat Orchestra, il tributo a Leonard Bernstein di Gabriele Coen e il pantheon jazz evocato da Roberto Ottaviano. 
 

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