Facebook può essere obbligato a rimuovere i contenuti identici "e, in alcune circostanze, equivalenti" ad altri già dichiarati in precedenza illegali. Lo ha stabilito la Corte di Giustizia europea dopo un ricorso dell'ex leader del partito dei Verdi austriaci, Eva Glawischnig-Piesczek, riguardo a commenti infamanti sulla sua persona diffusi da un singolo individuo e riportati poi anche in altri post.
Con la sentenza odierna, la Corte Ue ha quindi stabilito che i giudici europei hanno il diritto di chiedere la cancellazione dal web non solo dei contenuti da loro ritenuti illeciti, ma anche di quelli simili o equivalenti. E questo senza violare le norme europee né la libertà di espressione.
In tal modo Facebook non solo deve - su richiesta di un giudice - intervenire per cancellare il materiale illegale nel Paese di origine del contenuto illegale, ma anche restringervi l'accesso in altri Paesi. Un aspetto, questo, che per i critici del provvedimento aumenta i rischi di censura globale.
Da parte sua, il social network ha fatto notare come questo rafforzamento del proprio ruolo di sorveglianza del web possa essere svolto solo per tramite di algoritmi automatizzati, con il rischio che in questo modo venga eliminato anche materiale non illegale, legato ad esempio alla satira o al commento politico.