DOPO LE VACANZE

Scuole come frigoriferi: per uno studente su due rientro in classe "da brividi"

Tra le cause principali i termosifoni rimasti spenti per oltre due settimane e non accesi nei giorni precedenti la ripresa. Ma anche la necessità di tenere aperte le finestre per contrastare i mali di stagione. E la solita edilizia scolastica fatiscente. Tanti alunni resistono, ma in parecchi ricorrono ai tradizionali rimedi, tra cappotti, coperte e stufe di fortuna

© Ansa

Le scuole sono come frigoriferi. Neanche un clima tutto sommato accettabile, infatti, ha potuto evitare che gli studenti italiani, al ritorno dalle vacanze di Natale, trovassero la propria scuola gelata. O perlomeno così è stato per oltre la metà di loro.

Un copione che si ripete ormai da anni, come testimonia l’annuale sondaggio a caldo - ma sarebbe meglio definirlo “a freddo” - condotto nei giorni scorsi dal portale Skuola.net, su un campione di mille alunni di medie e superiori.

Alla ripresa delle attività didattiche, più di uno su due (53%) ha riportato di temperature basse in aula. E per circa un quarto (24%) la situazione è stata valutata persino peggiore di come l’avevano lasciata a dicembre.

La gestione degli impianti è solo parte del problema

A determinare questo quadro, come da tradizione, è stata soprattutto, pare, l’assenza di programmazione da parte degli istituti. Perché una delle motivazioni principali alla base del freddo a scuola, a detta degli studenti, risiede nel fatto che i termosifoni sono rimasti spenti per tutte le feste e che non sono stati accessi nemmeno nei giorni immediatamente precedenti il rientro, per riscaldare un po’ gli ambienti: a mettere ciò in cima alle cause scatenanti del gelo è il 23% degli intervistati.

Alla pari, menzionata da un analogo 23%, c’è un’altra pratica che è da sempre all’origine delle aule gelate: l’indicazione da parte delle scuole di lasciare le finestre aperte quanto più possibile, per evitare la diffusione dei virus stagionali.

Non mancano, ovviamente, pure gli storici problemi strutturali. Non a caso il 17% parla di riscaldamenti regolarmente accesi ma anche di infissi che non riescono a trattenere il calore. Mentre il 14% deve fare i conti con un impianto guasto. E il 6% con caloriferi attivi solo per alcune ore, per non far “lavorare” troppo una caldaia in condizioni precarie.

Si prova a resistere, ma cappotti e coperte restano la soluzione preferita

Un disagio diffuso, quello appena descritto, che molti studenti provano ad affrontare con un approccio “stoico”: la metà degli alunni colpiti dal freddo a scuola (51%) sta resistendo senza aiuti esterni.

Tanti altri, però, hanno preferito ricorrere ai soliti mezzi di fortuna: quasi uno su tre sta facendo lezione con cappotti, sciarpe e cappelli indossati anche in classe; circa uno su dieci si è spinto oltre, dotandosi di coperte e stufe; alla parte restante ci ha pensato la scuola, spostando i ragazzi dalle stanze più gelide o riducendo addirittura l’orario della didattica. Nella speranza che il previsto peggioramento del meteo non costringa a prendere provvedimenti ancora più radicali.

“Da quando gli edifici scolastici sono affidati agli enti locali il problema del freddo a scuola sta crescendo di anno in anno: bilanci in rosso di comuni o province, impianti vetusti o malfunzionanti, edifici vecchi e quindi poco efficienti sono tra le prime cause di questo fenomeno. Come se non bastasse, la pandemia ha lasciato in eredità un’abitudine che è rimasta molto diffusa: lasciare aperte le finestre per limitare la diffusione dei malanni di stagione. Questo ci fa rimpiangere i milioni spesi per banchi monoposto - decisione più del comitato tecnico scientifico che del ministro del tempo - di cui oggi avremmo necessità per investire in sistemi di aerazione e filtraggio nelle classi”, commenta così i dati Daniele Grassucci, direttore di Skuola.net.