INTERVISTA A "VANITY FAIR"

Gianna Nannini: "Tranne l'eroina ho provato tutte le droghe... e alla parola gay preferisco frocio"

La cantante si racconta in una lunga intervista a "Vanity Fair"

© Vanity Fair

Di droghe, assunte e archiviate, follia, schizofrenia e inadeguatezza fisica e sessuale Gianna Nannini parla nell'autobiografia (piena di episodi inediti), pubblicata come storia di copertina da "Vanity Fair", a pochi giorni dal lancio di "La differenza", singolo di debutto del nuovo omonimo album. "Ho sempre amato uomini e donne e non ho mai avuto freni nel sentire e seguire quello che volevo (...) Alla parola gay, preferisco frocio. Chi è libero nel linguaggio è libero dentro".

Una storia piena di colpi di scena la sua. E di svolte. Come quella avvenuta quando arrivò giovanissima a Milano, scappando dalla sua Siena e da un destino scritto nel laboratorio di pasticceria del padre: "Mio padre mi aveva promesso una macchina se avessi conseguito il diploma prima del previsto. Feci due anni in uno e a 18 anni, con la Lancia regalata da papà, scorrazzavo in questa città tutta nuova facendomi rubare l’autoradio per incassare i soldi dell’assicurazione. La lasciavo in bella vista sul sedile del passeggero, ogni tre mesi qualcuno regolarmente spaccava il vetro e io incassavo felice i soldi dell’assicurazione!".

O quella di quando da piccola il padre le diede uno schiaffo togliendole una pasta con la crema dalle mani: "Fu una tragedia inconscia, che interiorizzai. Per anni non ho più toccato una pasta alla crema, mi terrorizzava la sola idea". 

Fare la differenza, come recita il titolo del suo album, e come assicura di essere riuscita a fare con questo disco, è stato da sempre il suo obiettivo.

Non c'è dubbio che ci sia riuscita.

L'amore e la sofferenza che provoca, sono il nucleo della sua ispirazione: "Da ragazza non mi piacevo ed evitavo di guardarmi allo specchio. Mi vedevo brutta. Il naso lungo, le tette che di diventare grandi non volevano proprio saperne, lo sviluppo che tardava ad arrivare e un canone estetico che non collimava con quello in voga. L’adolescenza è un’età terribile...". Fu allora che decise di diventare una cantante. 

Di omosessualità e differenze di genere parla senza remore: "A me le divisioni, a partire da quelle di genere, non mi hanno mai interessato granché.  Ho sempre amato uomini e donne e soprattutto non ho mai avuto freni nel sentire e seguire quello che volevo. Le ho sempre rifiutate, le definizioni. Al termine “coming out”, che ghettizza, ho sempre preferito la parola libertà. Alla parola gay, che ti pretenderebbe felice e ormai non usano più neanche in America quando indicono un pride, preferisco frocio. Chi è libero nel linguaggio è libero dentro".

Nella lunga biografia Gianna racconta anche dei momenti più bui della sua vita: "La follia io l’ho sperimentata e ho sperimentato anche la schizofrenia. So cosa sono. Mi è capitato di morire e poi rinascere. All'inizio degli anni ’80 sono stata molto male. Ero piena di paranoie, vivevo una crisi profonda, avevo un io diviso, uno stato mentale alterato e paura di ogni cosa, come una bambina...". Poi tocca il capitolo droghe: "Tranne l’eroina, le ho provate tutte. Dalla cocaina, per un po’ di tempo, quasi quarant’anni fa, sono stata dipendente (...).

Nel 1983 un periodo di isolamento a Colonia, passato a comporre assieme al produttore e musicista Conny Plank, per fare musica e abbandonare "la Gianna di prima per lasciare spazio alla nuova. In un certo senso è come se fossi nata nel 1983. La Gianna che c’era prima riposa in un cimitero".