Blake Lively ha accusato il regista e co-protagonista del film "Siamo noi a dire basta", Justin Baldoni, di molestie sessuali sul set e di un successivo tentativo di "distruggere" la sua reputazione. La denuncia, ottenuta dall'Associated Press, precede una causa legale ed è stata depositata presso il Dipartimento dei Diritti Civili della California, come riportato dal "New York Times". Tra gli imputati sono nominati Baldoni e la casa di produzione dietro "It Ends With Us" (titolo originale del film), Wayfarer Studios. Un legale che rappresenta il regista e lo studios ha definito le accuse "completamente false, oltraggiose e intenzionalmente scandalose".
"Siamo noi a dire basta" è uscito ad agosto ed è un adattamento del bestseller del 2016 di Colleen Hoover. Nella denuncia, Lively accusa Baldoni e lo studios di aver avviato un "piano su più livelli" per danneggiare la sua reputazione dopo un incontro in cui lei e suo marito, Ryan Reynolds, avevano denunciato "ripetute molestie sessuali e altri comportamenti inquietanti" da parte di Baldoni e di un produttore del film.
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Secondo la denuncia, il piano includeva proposte per diffondere teorie su forum online, orchestrare una campagna sui social media e pubblicare articoli critici nei confronti di Lively. Baldoni avrebbe coinvolto pubblicisti e consulenti per gestire le crisi in un "piano di ritorsione sofisticato, coordinato e ben finanziato" volto a "seppellire" e "distruggere" Lively qualora avesse reso pubbliche le sue preoccupazioni sul set. La denuncia sostiene inoltre che Baldoni abbia "improvvisamente abbandonato" il piano di marketing del film e abbia utilizzato contenuti legati alla violenza domestica per proteggere la propria immagine pubblica. Bryan Freedman, avvocato che rappresenta Baldoni, Wayfarer Studios e i suoi rappresentanti, ha definito le accuse "completamente false, oltraggiose e intenzionalmente scandalose".
Vengono anche contestate le affermazioni di Lively riguardanti una campagna coordinata, affermando che lo studios ha "proattivamente" assunto un gestore di crisi "a causa delle molteplici richieste e minacce fatte dalla signora Lively durante la produzione". Freedman ha aggiunto che Lively aveva minacciato di non presentarsi sul set e di non promuovere il film "se le sue richieste non fossero state soddisfatte". "Spero che la mia azione legale aiuti a sollevare il velo su queste tattiche di ritorsione sinistre contro chi denuncia comportamenti inappropriati e contribuisca a proteggere altre persone che potrebbero essere prese di mira," ha dichiarato Lively in una dichiarazione al "Times".