In Iran la cantante 27enne Parastoo Ahmadi, arrestata per non aver indossato l'hijab durante un'esibizione trasmessa sui social media, è stata liberata. Lo hanno reso noto fonti vicine all'opposizione iraniana, secondo quanto riporta il canale israeliano Abu Ali Express. Il concerto online era stato visto più di 1,4 milioni di volte. In base alla legge iraniana e islamica, alle donne non è consentito presentarsi senza hijab di fronte a uomini che non siano parenti.
Due giorni fa, la magistratura aveva aperto un procedimento contro la cantante che si era esibita, accompagnata da 4 musicisti uomini, con un abito nero lungo e aderente, con le spalle scoperte e senza velo sui capelli: un abbigliamento che viola apertamente le regole imposte dalla Repubblica islamica.
Ahmady aveva pubblicato il suo concerto su YouTube il giorno prima, dicendo: "Sono Parastoo, una ragazza che vuole cantare per le persone che amo. Questo è un diritto che non potevo ignorare: cantare per la terra che amo appassionatamente".
Iran, la nuova legge restrittiva sull'hijab -
Il malessere espresso da tante iraniane e le manifestazioni di protesta stanno forse ottenendo qualche risultato. Il Parlamento di Teheran avrebbe infatti dovuto ufficializzare una nuova, dura legge sull'hijab il 13 dicembre scorso. Cosa che invece non è avvenuta in seguito alla pausa di riflessione chiesta dal segretariato del Consiglio supremo di sicurezza nazionale (Snsc). L'iniziativa, a quanto si è appreso, sarebbe stata presa per avere il tempo di preparare un emendamento che chiarisca alcune ambiguità della norma che potrebbero creare tensioni sociali. Anche il segretario dell'Snsc, Ali Akbar Ahmadian, ha detto di temere che la nuova legislazione possa provocare inutili conflitti nel Paese. La nuova legge, aspramente criticata anche da attivisti, avvocati e celebrità, prevede pene severe - pesanti multe, carcere e sequestro dei beni - per le donne non velate o che non osservano completamente l'uso dell'hijab. Inoltre, "il tribunale potrà considerare il crimine delle donne che incoraggiano il non rispetto della legge sul velo in coordinamento con gli Stati stranieri come 'corruzione sulla terra', un reato per il quale si è può essere condannati alla pena di morte.