Si intitola "Un trauma è per sempre" il primo Ep di Sarafine, vincitrice dell'edizione 2023 di X Factor. Sette brani dalla forte impronta dance e tecno dove trovano spazio testi che affondano nella vita della cantautrice che ha deciso di seguire la propria passione nuotando controcorrente. Nata a Salerno nel 1988, ma cresciuta a Vibo Valentia, in Calabria, prima di dedicarsi interamente alla musica, Sara Sorrenti (questo il suo vero nome) ha vissuto tra Lussemburgo e Belgio occupandosi di fiscalità internazionale presso diverse multinazionali, finché ha deciso di abbandonare la carriera impiegatizia per provare a cambiare la sua vita scrivendo le sue regole. Che sono fatte di ritmo martellante e testi crudi.
Un anno fa hai vinto "X Factor" e poi, parafrasando la tua canzone "Malati di gioia", hai lasciato andare il mondo e tu sei fermata...
Più che altro ho lasciato andare la risonanza che il mondo si aspetta da un post "X Factor" perché in realtà non sono stata ferma. Nel frattempo ho scritto nuova musica e fatto un tour di più di 25 date in giro per tutta l'Italia.
Però non sei uscita a tambur battente con un disco
Quella di non uscire subito è stata una scelta consapevole. Nell'immediato non avevo altre canzoni mie pronte e ho pensato a cosa avrei dovuto far uscire: le cover di X Factor? Erano anche dei bei "prodottini" ma non avrebbe avuto senso per me fare una cosa del genere, io volevo uscire con qualcosa dove io avessi qualcosa da dire, non fare le cover.
Il fatto di metterti a lavorare in maniera più metodica sulla tua musica, dovendo darti delle scadenze, ha cambiato qualcosa per te o non è stato un problema?
In realtà il primo obiettivo con cui ho scritto e prodotto i brani non era quello di pubblicarli ma quello di avere qualcosa da proporre nei live che avevo in programma per l'estate. Solo "Un trauma è per sempre" e "Control Freak" sono stati fatti dopo il tour estivo. Però certamente il percorso di creatività è cambiato perché prima lo facevo per svago e quindi scrivevo solo quando mi sentivo ispirata, mentre adesso è diventato un impegno lavorativo. La consapevolezza che il mood era cambiato l'ho avuta quando mi è stata assegnata la possibilità di lavorare con Dazn di realizzare il jingle pubblicitario: era la prima volta che mi trovavo a fare qualcosa su commissione.
Hai avvertito il peso di questo impegno?
© Ufficio stampa
Sì, è stato stressante, perché all'inizio sei confusa, non sai bene dove stare, quali sono le aspettative degli altri e soprattutto quali erano le mie aspettative. E poi dal momento che avevo vinto un programma televisivo sentivo che dovevo essere all'altezza della situazione. Questa cosa mi ha un po' turbata ma poi è confluita nella scrittura perciò è stata strumentale a qualcosa.
Come mai hai scelto il tema del trauma per fare da unione di tutti i brani?
Ho realizzato che quella parola era ovunque e poi tutte le cose di cui narravo effettivamente riguardavano dei momenti che mi avevano formato. Sono tanti anni che, in quanto artista egoriferita, cerco di investigare sul perché mi sento in un certo modo. Posso dire che i traumi mi hanno definita in quanto essere umano. E la musica è un mezzo per elaborarli. Diciamo che gli unici due momenti nei quali io mi sento realizzata proprio nella vita, che significa per me proprio vivermi il presente, sono quando mangio e quando faccio musica. Provo una soddisfazione genuina.
Cosa ti ha lasciato l'esperienza di "X Factor?"
Sicuramente tanti affetti e tanti rapporti umani importanti. E poi un grande senso di responsabilità unito a una credibilità verso me stessa. C'erano delle persone che lavoravano al mio spettacolo, non potevo prenderla alla leggera e quindi ho capito che dovevo affrontare seriamente quello che stavo facendo. È stato una grande percorso di crescita.
Perché è proprio la dance il genere di musica che ti permette di esprimerti al massimo?
© Elisa Hassert
In realtà da fruitrice, quella botta emotiva la trovo su un sacco di generi musicali da quello più leggero a quello più emotivo e più intimo. Però ho la consapevolezza che ho sono in grado di dare quella botta emotiva con determinate parole e con un determinato tipo di musica, altrimenti non riesco a far passare quel messaggio. Provo dell'entusiasmo e sento di riuscire a esprimere in toto quello che voglio dare: io ho bisogno dei drop, ho bisogno delle botte sia sonore sia verbali, cioè a volte le mie frasi sono violente anche nel modo in cui le canto, o le recito, o le recito cantando. So che quello è il modo giusto per arrivare a chi mi ascolta.
Infatti i testi invece sono decisamente diretti...
Nelle mie canzoni scrivo cose brutte, cose crude che non mi piacciono di me. Però fanno parte di me, quindi questa cosa l'ho accettata, prendendo consapevolezza della mia parte vulnerabile. E la cosa paradossale è stata che nel momento in cui mi sono mostrata per quella che sono, anche per le mie brutture, mi sono sentita amata, mentre mostrando la parte migliore di me non riuscivo a connettermi a nessuno.
Tu ti sei presentata a "X Factor" un po' come la voce di una generazione che spesso rimane ingabbiata in una vita condizionata dalle convenzioni sociali. Aver vinto dopo esserti liberata da quella gabbia per te è stata una rivincita?
In realtà non mi sono presentata come la rappresentante di niente, anche perché io proprio la responsabilità di una generazione non ce l'ho mai voluta avere e soprattutto all'epoca non mi sentivo in grado di portare avanti un messaggio di comunità. Poi quando mi hanno fatto le interviste mi hanno chiesto se è il simbolo di una generazione, ho detto non lo so se sono il simbolo, sicuramente ho capito che molta gente si rivedeva in quello che facevo e che non ero sola. Però non ho visto l'aver fatto quel percorso come la prova di qualcosa.
In ogni caso la tua storia dice che tu sei riuscita a cambiare il percorso che la società in qualche modo ti richiedeva...
© Ufficio stampa
Per me la vera prova verso me stessa infatti è stata prima di partecipare ad "X Factor", quando mi sono licenziata dal lavoro senza niente in mano, semplicemente perché avevo deciso che quella vita per me non andava bene. Avendo consapevolezza che non ero quella cosa, io mi sono sentita in pace. In quello momento mi volevo bene, quello è stato il mio momento di rivincita. Quello che è venuto dopo l'ho visto come una sorta di magia, come se l'universo veramente mi avesse detto che le energie si stavano mettendo tutte quante in fila.
Hai detto che il tuo elemento di vulnerabilità era il tuo sentirti di artista, perché?
Perché era una cosa che andava contro appunto le convenzioni sociali. Io comunque sono stata educata a un concetto di felicità strettamente legato all'utile materiale. Quindi tutto ciò dal quale non consegue una stabilità economica immediata non viene preso molto sul serio. Quindi non avendo il talento per la medicina o per l'avvocatura, diciamo, mi ritrovavo fuori da questo sistema culturale. E quindi la mia risposta immediata al non avere un ritorno economico dai miei piccoli concerti o quello che facevo artisticamente mi ha portato a mettere da parte quella che era la mia vocazione e quindi è diventato un mio elemento di vulnerabilità.
Quale è stata la spinta per cambiare?
A un certo punto la tua vulnerabilità si trasforma in frustrazione, in invidia, in incapacità di connettersi, di aprirsi a delle relazioni e quindi arrivata a un certo punto mi sono mi sono detta: ma che persona sto diventando? A me veramente comprarmi una casa in questo momento mi renderà più felice? No! Avevo già dimostrato al mondo di saper fare certe cose, come viaggiare, lavorare in una multinazionale, imparare le lingue e mi sono detta che qualsiasi cosa sarebbe andata bene così.
La tua proposta musicale, così spinta verso la dance e la tecno è qualcosa che si distingue spicca nel panorama generale della musica italiana. Ti sei immaginata che tipo di spazio ritagliarti o a che tipo di pubblico rivolgerti?
Ho pensato parecchio quest'anno a questa cosa, avendo anche una certa confusione. Perché da una parte "X Factor" mi ha dato l'illusione di credere che facendo tutto quello che voglio io posso arrivare al pubblico, dall'altra uscita da lì mi sono resa conto che ci sono delle dinamiche molto diverse fuori, sono altri attori che intervengono. Però la cosa che ho capito e la cosa che mi interessa di più di tutto è sentirmi contenta delle cose che faccio, avere la mia credibilità artistica, è lì che mi voglio indirizzare.
A costo di restare in una nicchia?
Che il mio prodotto musicale non sia immediato e necessariamente mainstream è una consapevolezza che ho. Sono convinta che alcuni brani magari abbiano maggiore potenziale però so che il mio Ep te lo devi andare a cercare, di sicuro non ci arrivi con un ascolto passivo. Parto da qua e l'idea per me è di fare questo lavoro il più lungo possibile e di consolidare questa mia identità artistica e renderla sostenibile nel corso degli anni.