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Intelligenza artificiale, aumenta la fiducia tra i giovani: "Una risorsa per la salute"

L'AI è considerata uno dei fattori più influenti per il futuro della medicina. Secondo i giovani intervistati, infatti, i settori che trarranno i maggiori benefici dall'AI saranno la ricerca scientifica (68%) e la medicina (66%)

© Italy Photo Press

L'intelligenza artificiale sta emergendo rapidamente come una delle tecnologie più rilevanti per il futuro, e la Generazione Z, con il suo approccio curioso e informato, è particolarmente attenta a come questa possa influenzare la sua vita e il mondo circostante. È quanto emerge dalla ricerca “Intelligenza artificiale, una risorsa per la salute?”, condotta da SWG per Johnson & Johnson, secondo la quale i giovani di oggi sono ben consapevoli delle potenzialità dell'AI e, sebbene molti abbiano già una certa familiarità con il suo impiego in ambito sanitario, sono interessati a esplorare ulteriormente temi come la medicina predittiva, la ricerca farmaceutica e le diagnosi personalizzate. La Generazione Z vede nell'intelligenza artificiale una risorsa che potrebbe migliorare l’efficienza e l’efficacia dei sistemi sanitari, pur ritenendo fondamentale preservare il valore del rapporto umano nelle cure.

Conoscenza e interesse all’approfondimento dell'Intelligenza Artificiale (AI) -

 La Gen Z si dimostra altamente consapevole dell'intelligenza artificiale: il 93% dei giovani dichiara di conoscere cos'è l'AI. Sebbene oltre la metà (53%) affermi di possedere una buona conoscenza dell'uso dell'intelligenza artificiale in ambito sanitario, resta comunque elevato l’interesse ad approfondire ulteriormente l’argomento. Il 65% dei giovani si dice infatti desideroso di conoscere meglio come l’AI possa essere applicata in ambito medico, con particolare attenzione alla medicina predittiva. Gli aspetti che suscitano maggiore curiosità riguardano: la possibilità di anticipare le malattie (47%), l’utilizzo dell’AI per la ricerca e lo sviluppo di nuovi farmaci (33%) e le applicazioni cliniche dell’AI, come diagnosi e trattamenti personalizzati (28%).

Un sentimento di apertura e fiducia -

 L'intelligenza artificiale è considerata uno dei fattori più influenti per il futuro della medicina. Secondo i giovani intervistati, infatti, i settori che trarranno i maggiori benefici dall'AI saranno la ricerca scientifica (68%) e la medicina (66%), seguiti dai servizi della pubblica amministrazione (62%), la produzione industriale (60%) e l'agricoltura (59%). In coda alla classifica, il sistema scolastico (40%) e, infine, le news e l’informazione (26%).

Per quanto riguarda l'ambito della salute, i giovani nutrono una grande fiducia nell’utilizzo dell'AI per migliorare l'assistenza sanitaria del futuro. Essi ritengono che questa tecnologia renderà la sanità più rapida (61%), organizzata (57%), efficace (50%) e personalizzata (50%). Nonostante ciò, i giovani sottolineano l'importanza di preservare il contatto umano nelle cure (61%), riconoscendo la necessità per i professionisti sanitari di sviluppare un pensiero critico per integrare al meglio le nuove tecnologie (47%).

I giovani mostrano generalmente un atteggiamento di apertura verso l’utilizzo dell’AI in ambito medico. In particolare, il 61% degli intervistati si dichiara favorevole all’uso dell’intelligenza artificiale per la diagnosi istantanea, mentre il 58% sostiene la possibilità di ricorrere alla chirurgia a distanza. Inoltre, molti ritengono che l’AI possa svolgere un ruolo fondamentale nel trattamento delle malattie rare (72%), nel supporto alle persone con disabilità fisiche (70%) e nel contrasto al cancro (67%). L’86% dei giovani si dichiara anche disposto a ricevere consulenze mediche da un sistema AI.

Una minoranza di scettici -

 Non manca una certa percentuale di scettici. Circa un giovane su tre considera ancora come "fantascienza" alcune innovazioni che sono già in fase di applicazione. In particolare, il 37% degli intervistati nutre dubbi sulla possibilità di diagnosticare precocemente i tumori attraverso l’analisi automatizzata delle immagini mediche. Il 33% esprime scetticismo riguardo all’efficacia dei modelli predittivi per prevenire focolai e sviluppi sanitari, mentre il 27% non è convinto dell’utilizzo di sistemi in grado di analizzare grandi volumi di dati clinici e genetici per identificare nuove molecole terapeutiche.