La lista delle trentacinque persone che erano entrate nel sito Eni di Calenzano, in cui è avvenuta un'esplosione lunedì, è l'elenco di un dramma. Dopo il ritrovamento di tre corpi il numero delle vittime accertate è salito a cinque. Tre autotrasportatori, due membri della squadra di manutenzione arrivata dalla Basilicata. A morire nell'esplosione al deposito Eni di Calenzano sono stati lavoratori che giravano l’Italia, sulle autobotti o negli stabilimenti, per guadagnarsi lo stipendio.
Le vittime, come altri colleghi sul proprio autocarro, stavano facendo rifornimento in mattinata per ripartire e cominciare la giornata. È per questo che quella di Calenzano rischia di essere ricordata come la strage degli autotrasportatori. I loro mezzi erano parcheggiati sul posto al momento dell'esplosione nello stabilimento, dove si svolge attività di ricezione, deposito e spedizione di benzina, gasolio e petrolio. Prodotti che giungono tramite due oleodotti collegati con la raffineria Eni di Livorno, per venire quindi stoccati in serbatoi atmosferici cilindrici in attesa dell'invio alle pensiline di carico delle autobotti.
"Ho visto una scena impressionante, c'è una distruzione totale. Immagino chi era lì a lavorare ed era lì vicino o sotto le infrastrutture di ricarica, quello dev'essere apparso come un inferno. La situazione è indescrivibile. Noi sappiamo che nell'azienda erano stati effettuati 35 accessi", ha spiegato il sindaco di Calenzano Giuseppe Carovani, visibilmente provato dopo il sopralluogo effettuato sul posto. In quell'area industriale ci sono molti altri stabilimenti e molti lavoratori che adesso si ritengono persino fortunati, visto quanto successo.
Le vittime -
Vincenzo Martinelli, 51enne napoletano, ma residente da almeno 25 anni a Prato, si stava separando dalla moglie con cui aveva due figlie, di 18 e 21 anni, a cui era legatissimo. Appassionato di cani e di caccia, Martinelli aveva provato recentemente anche un'esperienza lavorativa all'estero, in Germania, ma proprio per la mancanza delle sue figlie era tornato a lavorare a Prato, dove viveva proprio in centro storico. Carmelo Corso, 57 anni, era originario di Catania viveva a Calenzano. Gerardo Pepe, 45 anni viveva Sasso di Castalda (Potenza). Era nato in Germania, dove i suoi genitori erano emigrati per lavorare. "Gerardo - hanno detto i suoi compaesani - era una persona dedita al lavoro, un bravo padre di famiglia (la figlia ha 12 anni), sempre disponibile con tutti". Franco Cirelli, 50enne di Cirigliano (Matera) aveva fatto parte della Brigata paracadutisti "Folgore". Lo hanno raccontato ai giornalisti i cittadini del piccolo paese con circa 300 abitanti dove l'uomo viveva con la compagna e due figli piccoli. Davide Baronti, 49 anni, originario della provincia di Novara, abitava da qualche anno a Bientina (Pisa) con la moglie e i figli. Frequentava spesso il tennis club Torretta White. "Era davvero una persona squisita, ben voluta da tutti e sempre sorridente, gentile disponibile. Il tennis era la sua valvola di sfogo fuori dallo stress del lavoro quotidiano", ha detto uno dei gestori del club, Francesco Riccelli.
I feriti -
"In quella raffineria ci lavorano una cinquantina di persone. Io invece sono nell'azienda chimica a fianco. Sapevamo che quest'area era pericolosa, ma non fino questi punto", spiega Nicolas Magnolfi, 29 anni, un operaio che stava lavorando a cinquanta metri dall'incidente ed è rimasto lievemente ferito. Come lui tanti altri sono finiti in ospedale, ma i più gravi, quelli trasportati con le ambulanze, sono una decina: tra loro due persone ustionate che rischiano la vita mentre altri diciassette si sono presentati spontaneamente nei pronto soccorso delle città limitrofe, tutte allertate dopo l'esplosione.