"Si lamentava e parlava in arabo"

Caso Regeni, un testimone: "Ho sentito le grida di Giulio mentre lo torturavano"

È il racconto fornito da "Delta" nel processo a carico di quattro 007 egiziani accusati di avere sequestrato, torturato e ucciso il ricercatore italiano

© ansa

"Ho sentito quando Giulio Regeni gridava e veniva picchiato, parlava italiano e un arabo ma non da madrelingua. Ricordo che lo vidi per la prima volta nel commissariato Dokki, eravamo stati arrestati entrambi il 25 gennaio del 2016. Lui chiedeva di potere parlare con un avvocato e con l'Ambasciata". È il racconto fornito dal testimone "Delta", sentito in modalità protetta nel processo a carico di quattro 007 egiziani accusati di avere sequestrato, torturato e ucciso il ricercatore italiano.

Le torture -

 "Ci hanno picchiato. Io sono stato legato alle maniglie del letto e hanno usato la scossa elettrica. Porto ancora i segni sul mio corpo, ho segni su un braccio, ho in tutto cicatrici di 5 o 6 centimetri sulla tempia sinistra. I segni sul braccio sono coperti da una serie di tatuaggi e risalgono a quel luogo e a quei giorni", ha aggiunto il super testimone durante l'udienza del processo per la morte di Giulio Regeni.

"Siamo stati portati nel 'cimitero dei vivi'" -

 "Al commissariato di Dokki sono venute delle persone, ci hanno portato via entrambi e ci hanno caricati su una macchina; ci hanno bendati e portati verso una sede degli apparati di sicurezza dello Stato - ha affermato "Delta" -. Qualcuno poi ha dato uno schiaffo e lì ho capito che ci stavano portando nel 'cimitero dei vivi'. Giunti a destinazione siamo stati divisi", Giulio "nel reparto per gli stranieri e, dopo quella sera, non l'ho più visto".

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