GIUDICI IN CAMERA DI CONSIGLIO

Processo Turetta, lo zio di Giulia Cecchettin: "Non serve essere Escobar per uccidere una persona"

A "Mattino 4" Andrea Cecchettin nel giorno della sentenza di primo grado: "L'ergastolo in Italia equivale a 30 anni, non è inumano"

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"Quando si parla di crudeltà, stalking e premeditazione mi auguro che la Corte veda quello che vedono tutti". A "Mattino 4" parla lo zio di Giulia Cecchettin, uccisa nel novembre di un anno fa dall'ex fidanzato reo confesso Filippo Turetta. L'imputato rischia una condanna all'ergastolo, pena che la difesa ha provato a confutare nel processo in Corte d'Assise a Venezia.

A poche ore dalla lettura della sentenza di primo grado, Andrea Cecchettin esprime il desiderio che venga fatta giustizia "per la famiglia ma soprattutto per Giulia" che non c'è più. Poi commenta le parole dell'avvocato della difesa di Turetta che in Aula aveva definito l'ergastolo "inumano e degradante". "Mi ha pesato sentirle dire quando in realtà l'ergastolo in Italia equivale a una pena di 30 anni e in carcere non mancano i momenti di svago", dice.

"Inumano non è avere la possibilità di giocare alla Play station ma di togliere la vita e nel modo in cui è stata tolta", commenta lo zio di Giulia. E sul paragone tra Filippo Turetta e il killer Pablo Escobar attacca. "Non serve essere Escobar per uccidere una persona, abbiamo capito che un delitto può essere compiuto da una persona qualsiasi".