"L’ultimo sguardo di Yara" (Edizioni Piemme) è stato per il suo assassino. Giovanni Terzi romanza la storia che ha appassionato l’Italia, l'omicidio della 13enne Yara Gambirasio che oggi avrebbe 27 anni, avvalendosi degli atti processuali. Ci mette il cuore e racconta il delitto sotto il profilo sentimentale, senza mai trascurare i fatti, le piste, le prove, quelle che forse avrebbero dovuto essere seguite e che invece sono state tutte incentrate sull'unico uomo in carcere, Massimo Bossetti, condannato definitamente all’ergastolo.
La presentazione a Milano -
Terzi, giornalista e scrittore, racconta una storia di cronaca, quella di Yara Gambirasio, scomparsa una notte del 26 novembre 2010 e ritrovata uccisa dopo 4 mesi. Cronaca non sempre prefetta, che a dire dell’autore nasconde una ingiustizia: "Ho scritto questo libro - racconta Terzi alla presentazione milanese moderata da Melania Rizzoli e in cui sono intervenuti Vittorio Feltri, Simona Ventura e Umberto Brindani - che poi è un romanzo tratto da una storia vera, attraverso degli atti giudiziari, perché considero la vicenda di Yara una vicenda non conclusa e conclusa ingiustamente con una incarcerazione a una condanna all’ergastolo definitiva di Massimo Bossetti. Non voglio entrare nel merito, che sia colpevole o no, è ingiusta perché non è possibile che per un imputato sia stato impossibile fare una verifica di quella che era la prova più importante, quella del Dna…".
Nulla è giusto -
Quello di Giovanni è un esercizio di stile: "Sono convinto che Bossetti non uscirà mai dal carcere, sono convinto che l’ergastolo lo sconterà tutto e che non ci sarà più nulla da fare per riaprire il caso, però si sappia che dal punto di vista processuale è successo qualcosa di ingiusto. Una sentenza che fa giurisprudenza, fino ad allora la Cassazione diceva che non bastava la prova del Dna a supportare una condanna, dopo questa è cambiato tutto".
I nuovi scenari -
Nel libro si aprono nuovi scenari che "sono stati visti dalla Procura ma che sono stati sottovalutati, in maniera troppo leggera". "Pensiamo sempre che la giustizia sia lontana da noi e che non ci possa appartenere - continua Terzi - quando poi ce l’abbiamo di fronte capiamo che ci sono delle situazioni che sono paradossali".
La prova del Dna -
Terzi si riferisce alla prova regina, quella del Dna: "Il giornalista Giangavino Sulas, a cui dedico il libro, in una telefonata al dipartimento del San Raffaele ha scoperto che quello che il Dn sul copro di Yara c'era, ma non c'era traccia di questo in Procura e in Tribunale... in realtà c’era tanto Dna e se non dai la possibilità del contraddittorio a un imputato non stai svolgendo in maniera corretta il tuo lavoro.
La giustizia e la morale -
Lo scrittore sottolinea anche un particolare su come è stato trattato Bossetti: "Tutti i telegiornali hanno detto che stava scappando, in realtà non era vero, l’hanno portato per l'interrogatorio di fermo e in sequenza gli hanno detto 'lei è accusato di un omicidio, suo padre non è suo padre, sua moglie le fa corna'... quando la giustizia entra nei meandri della morale è farraginosa, la giustizia deve stare alle prove, ai fatti e alle concretezze".
La lettera di Bossetti -
Un romanzo che però è anche un libro di inchiesta, in cui lo scrittore ripercorre tutto l’iter giudiziario di un omicidio che ha appassionato e commosso l’Italia con documenti inediti, come la lettera che Massimo Bossetti ha inviato all'autore dopo la serie tv sul caso: "E' l'ultima lettera che ha scritto Bossetti dal carcere a fine agosto, ci sono tutte le sue sensazioni e le sue percezioni…".