VINCITORE A LOCARNO 2023

Radu Jude torna al cinema con "Do Not Expect Too Much From The End Of The World"

In sala dal 14 novembre la frenetica dark comedy del pluripremiato regista rumeno che aveva già vinto a Berlino con il precedente film

© Ufficio stampa

Arriva nei cinema dal 14 novembre "Do Not Expect Too Much From The End Of The World" del pluripremiato regista rumeno Radu Jude, distribuito esclusivamente in versione originale da Cat People e grazie ad I Wonder e Arthouse. Premio Speciale della Giuria all’edizione 2023 del Festival di Locarno, è una frenetica commedia nera e libera sul precariato e sulla gig economy, surreale e spietato, una furia oltre la forma, segmentata tra road movie, film-saggio, video social. Una vulcanica e vertiginosa opera che offre una critica esplosiva al cinismo del capitalismo moderno dove il reale è tragico, che diventa grottesco. Il delirio è l'unico collante.

La trama -

  Angela è un’assistente di produzione impegnata nella ricerca di persone che hanno subito gravi infortuni sul posto di lavoro da intervistare per un documentario commissionato da una multinazionale con il pretesto di sensibilizzare i propri dipendenti sull'argomento. Sempre in macchina su e giù per Bucarest, divisa senza sosta tra interviste, riunioni e social network, deve anche affrontare l’intenzione di un’azienda edile di voler appropriarsi del terreno del cimitero in cui è sepolta sua nonna per costruire un condominio di lusso. Sullo sfondo, la nuova Romania post totalitaria divisa tra tecnologia e capitalismo e le loro idiosincrasie.

Lo stile di Radu Jude -

  Radu Jude mixa materiali eterogenei per creare una dialettica, tra piani sequenza di un'errante protagonista, quasi una Ulisse arrabbiata, ripresa in un bianco e nero granuloso, che contrasta con il colore in 35mm di alcune scene di "Angela merge mai departe", film prodotto nel 1981, per collegare la Bucarest dell'epoca comunista di Nicolae Ceaușescu e quella capitalista dall'entrata nell’Unione Europea. Uno scontro di opposti anche tra moderno e passato, sotteso in tutto il film, sia dal punto di vista stilistico che da quello del piglio comico e tragico che si intrecciano.

Il regista aveva vinto l'Orso d'oro a Berlino nel 2021 per "Sesso sfortunato o follie porno", che qui riesce addirittura a superare, apparendo ancora più forte nei temi e negli stili. Del nuovo film lui stesso spiega che è "frammentario - in parte commedia, in parte film di montaggio, in parte road movie, in parte film di inquadrature costruite - sul lavoro, lo sfruttamento, la morte e la nuova gig economy. Allo stesso tempo è un film che affronta la questione stessa della produzione delle immagini.Tutto questo a un livello di superficie, come si suol dire, ed è ciò che il film vuole essere: un film di superfici, un film senza profondità. Ed è un film che, per struttura e messa in scena, è ancora più amatoriale dei miei ultimi film".