Le parole di papà Gino

Giulia Cecchettin uccisa da chi diceva di amarla, un anno fa il femminicidio che ha sconvolto il Paese

"Siamo genitori per sempre, fino all'ultimo dei nostri giorni, quindi io sarò sempre il papà di Giulia", così Gino Cecchettin che aggiunge: "Sono riuscito ad ascoltare le parole di Turetta senza provare odio"

Un anno fa - la notte tra sabato 10 e domenica 11 novembre 2023 - moriva Giulia Cecchettin, uccisa da 75 fendenti inferti dall'ex fidanzato, Filippo Turetta. Un anno "senza Giulia". Ma anche un anno "con Giulia", perché l'onda di emozione suscitata dal caso è stata tale che, da quei giorni di novembre, non c'è stato un istante che non ci sia fermati a riflettere sul ricordo della ragazza di Vigonovo. Non solo la ferocia dell'omicidio - Turetta è ora in attesa del giudizio davanti la Corte d'Assise di Venezia - Anche lo sviluppo cronologico ne ha fatto un caso unico nella storia della cronaca nera.

Le parole del padre di Giulia -

 "Siamo genitori per sempre, fino all'ultimo dei nostri giorni, quindi io sarò sempre il papà di Giulia". Lo ha detto Gino Cecchettin, padre di Giulia Cecchettin, in un'intervista in televisione. "Sono riuscito ad ascoltare le parole di Filippo senza provare odio, rabbia. E questo l'ho fatto per un anno. Mi sono reso conto di quanto sia importate questo esercizio per creare valore. Però mi sono anche reso conto che attorno a me si respirava un qualcosa di negativo. È umano, è comprensibile. Tutti questi sentimenti - ha aggiunto - vengono poi immessi nel proprio ecosistema. Ma in quest'ultimo anno ho imparato a concentrarmi sul positivo. Io - ha concluso il papà di Giulia - non sono riuscito a odiare. Non so come ho fatto, però. Penso che il segreto stia concentrandosi sui nostri cari che ci danno amore, che ci danno bellezza".

La scomparsa e la fuga di Turetta -

 I due giovani erano spariti assieme sabato sera 10 novembre, dopo essersi incontrati per un giro in un centro commerciale di Marghera. All'inizio si pensò al sequestro da parte dell'ex fidanzato; ma mano a mano che arrivavano i primi riscontri - la scoperta delle tracce di sangue nella zona industriale di Fossò, il vicino di casa che aveva sentito Giulia gridare "aiuto" - si fece strada la paura di un finale tragico. Turetta era già in fuga dalle prime ore di domenica 11 con la sua Fiat Punto nera, e si era disfatto subito del corpo della ragazza, trovato il 18 novembre in un bosco vicino al lago di Barcis, in Friuli; uno dei luoghi - si scoprirà - segnati da Filippo nelle carte del piano omicida. La mattina successiva il rinvenimento del cadavere, il 19 novembre, Turetta fu arrestato in Germania, vicino a Lipsia, fermo ai bordi di un'autostrada, la macchina con i fari spenti e senza benzina. Nel frattempo i Carabinieri, coordinati dal pm Andrea Petroni, avevano messo in fila una serie di elementi indiziari che (più avanti) avrebbero portato a inchiodare il 22enne di Torreglia. Uno su tutti: il kit per l'omicidio; una lista di oggetti - scotch telato, coltelli, sacchi neri di nylon, badili - che Filippo 4 giorni prima del delitto aveva annotato nel cellulare, e che fu ritrovato in memoria dagli esperti informatici. Filippo rimase in cella in Germania una decina di giorni, e in tempi record estradato in Italia il 25 novembre, per finire nel carcere di Verona.

I funerali e la rabbia della gente -

 Le aperture dei giornali erano già da tempo dedicate all'omicidio di Giulia;: quando iniziarono a filtrare i primi particolari, il caso di Vigonovo divenne il tema fisso dei "contenitori" pomeridiani delle tv. Nel mezzo, il 5 dicembre, c'era stato il lutto collettivo del funerale di Giulia, nella Basilica di Santa Giustina, davanti a 10mila persone, in diretta. Con le parole di papà Gino: "L'amore vero non umilia, non delude, non calpesta, non tradisce e non ferisce il cuore. L'amore vero non urla, non picchia, non uccide" Le piazze continuarono per settimane a "fare rumore" per Giulia, come richiesto dalla sorella, Elena, che riportò nel lessico quotidiano il termine "patriarcato". Altri sussulti la cronaca li ha riservati ogni qualvolta usciva una indiscrezione sulla vita di Turetta in carcere: come le parole intercettate del padre del ragazzo, nel primo incontro: "Fatti forza, non sei l'unico, ci sono altri 200 femminicidi, poi avrai i permessi...". L'uomo poi si scusò.

L'attesa per la sentenza di primo grado -

 Il processo lampo in Corte d'assise si è aperto il 23 settembre in Assise a Venezia. Turetta si è presentato ai giudici una sola volta: il 25 ottobre, con Gino Cecchettin che lo squadrava dai banchi delle parti civili. "Ho pensato di rapirla, e anche di toglierle la vita", "Giulia scappava, urlava e l'ho colpita ancora" le frasi di Turetta che fecero scendere il gelo in aula. "Abbiamo capito chi è Filippo Turetta" commentò quel giorno Cecchettin. I riflettori sono adesso sul 3 dicembre, quando è attesa la sentenza. Filippo è reo confesso. Tutto ruota attorno alla premeditazione: se i giudici accoglieranno l'impianto della Procura, potrebbe essere ergastolo. La tragica fine di Giulia non ha fermato i femminicidi: erano già stati 105 quelli registrati da inizio 2023 a novembre; a fine dell'anno arrivarono a 120. A portare avanti l'eredità di Giulia è però papà Gino. Dapprima con il libro "Cara Giulia", quindi con la Fondazione creata nel suo nome (www.fondazionegiulia.org), il cui sito web è stato rilasciato in questi giorni. Una istituzione, si legge, che opera "per promuovere la parità, operando per una società equa e inclusiva".

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