Zucchero regala il suo secondo disco di cover "Discover II" (fuori dall'8 novembre): "Un inno alla vita", come spiega a Tgcom24, nel quale però "racconto anche cose un po' crude... e malinconiche". A tre anni da "Discover" il cantautore, 69 anni appena compiuti, ha nuovamente attinto al suo "jukebox" dei ricordi, "canzoni del cuore, oltre 500, accumulate sin dal tempo del Covid, tra quelle che ho sempre amato e avrei voluto prima o poi fare", e ne ha scelte 15, brani iconici del repertorio musicale italiano e internazionale, quelle che compongono adesso "Discover II" e che non erano state inserite nel primo album. "Ma ne ho lasciate fuori molte di quelle che vorrei fare, canzoni che restano nel mio cuore... che avrei voluto scrivere io".
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Perché un secondo album di cover?
Per una questione di tempo soprattutto. Per fare un album di inediti mi ci vuole almeno un anno, stare a casa, in studio, non riesco a scrivere quando sono in tournée e negli ultimi due anni sono sempre stato in giro. Qui chiaramente la materia prima c'era già, è stato molto più facile, ha richiesto meno tempo, anche se lo stesso molto lavoro... di arrangiamento, di suoni, ma ovviamente stato meno oneroso.
I brani sono stati tutti reinterpretati con il tuo inconfondibile stile... "alla Zucchero", cosa vuol dire?
E' quella cosa lì che chiamano stile, è il mio modo di scrivere testi. Ad esempio io uso sempre dei doppi sensi, delle immagini, a volte conio delle parole, che magari su un vocabolario non esistono, però danno il senso di quello che voglio dire, per mantenere il suono, la metrica e la ritmica dell'inglese. Alla Zucchero vuol dire che si capisce subito che l'ho fatto io, insomma.
Un album che sembra, nella scelta dei brani, incentrato sull'amore e sulla vita... Qual è il fil rouge che lega le canzoni che hai inserito?
Alcuni mi hanno detto di averci sentito un velo di malinconia. Per me non è disco malinconico, certo questa è un po' la mia natura, ma qui meno del solito. Anzi è un inno alla vita, raccontando però delle cose anche un po' crude. C'è il grande amore, quello incondizionato, con la A maiuscola di "With or without you" o del brano dei Killers, "My Own Soul Warning", che io ho tradotto, non proprio letteralmente, in italiano con "Per Amor che muovi il sole', un vero manifesto dell'amore. Quando l'ho scelta l'ho fatto perché mi è piaciuta subito la sua energia un po' springsteeniana. Cercavo un brano per gli stadi, da fare in anteprima come una sorpresa, questa mi sembrava quella perfetta. Poi quando sono andato invece a tradurre il testo, ho visto che non parlava la stessa lingua della musica, era "scollato" dal suono. Ecco perché l'ho riscritta in italiano con un testo diverso. In “Una come te”, invece, anche questa tradotta in italiano, ho mantenuto il testo di “Chinatown” dei Bleachers, perché parla di un tema, che mi sta molto a cuore, quello delle gang di ragazzini giovani, che si sparano per una scarpa, per un telefonino, episodi di cronaca di tutti i giorni. Una problematica che mi spaventa. Questo non dare un senso alla vita... mi preoccupa molto. Era un fenomeno di cui volevo parlare e qui se ne parlava.
Ma c'è anche il buio e la malinconia di "I see the darkness" di Paul Young. Come è nata questa scelta?
Mi è stata proposta da Paul Young stesso, io non la conoscevo neanche. E venuto a casa mia quest'estate. Noi di solito passiamo un mese all'anno insieme, coi figli, dal '91, da quando abbiamo fatto 'Senza una Donna'. Siamo proprio amici di famiglia. Abbiamo condiviso momenti di dolore, lui purtroppo ha avuto una disgrazia, quando è morta sua moglie, bellissima, giovane, di un tumore. Io ero in piena depressione. È venuto e mi ha detto, guarda, questa canzone, vorrei farla con te perché racconta della nostra vita e quando mi ha tradotto il testo, che parla di due amici che uscivano insieme con le famiglie, si divertivano, bevevano eccetera. Poi a un certo punto uno di loro si allontana e sparisce e dice 'scusami lo sai quanto ci tengo a te ma sono sparito perché ho visto il buio. Quel buio è un po' quello che è successo con la mia depressione, e quindi ho detto: questa è la nostra canzone.
Mi ha fatto molto piacere trovare "Agnese" di Ivan Graziani, è una canzone che sembra ti stesse aspettando...
Sì, hai ragione, era proprio lì ad aspettarmi. Perché parla di una vita di provincia che forse non esiste più, ma che è dentro di me, perché sono venuto via dalla provincia di Reggio, da piccolo, però per me sono rimasto lì. Le biciclette, i barconi, questi primi amori... E' una canzone mia. E poi come ho fatto anche con 'Fiori Di Maggio', queste sono canzoni che a suo tempo hanno avuto il loro successo, hanno fatto breccia nel pubblico, però poi sono rimaste lì, non le hanno più rifatte. Io voglio dar loro nuova vita come anche con 'Aquarello' per esempio, che per me ha un testo bellissimo.
E come è nata la collaborazione con Russel Crowe?
Sono un suo fan, come attore e ora come cantante. Ci siamo visti durante un mio tour in Australia, all'Opera House di Sydney. Poi l'ho rivisto al trentennale di Bocelli a Lajatico e mi ha invitato ad un suo concerto in Italia a La Spezia. Mi ha colpito favorevolmente, quindi abbiamo deciso di fare questa canzone insieme 'Just Breath' di Eddie Vedder
Come ti sei approcciato invece al monumento rock di Bob Dylan?
Quella è una canzone che è stata in dubbio fino all'ultimo, anzi non volevo proprio toccare Dylan.
Di 'Knockin’ On Heaven’s Door', dicevo 'che bella, però non voglio toccarla perché è un'icona, bisogna stare attenti. Ho deciso di metterla nel disco poi quando mi sono immaginato un film western con la musica di Morricone, quindi un inizio dark, poi la campana che suona morto e poi la chitarra, mi è piaciuto il cambio di tonalità improvviso. Nella versione di Dylan è tutta uguale invece io ho inserito dei campi repentini. Mi sono divertito a riarrangiarla insomma.
Parliamo di arrangiamenti...
I suoni sono quelli che ho dentro adesso... non pulitissimi, un po' crudi, marci, che vengono fuori dal mio studio a casa dove io mi diletto a suonare la batteria. Non sono un batterista provetto, ma ho il senso del ritmo, ad esempio picchio su un bidone di latta e creo dei ritmi, che poi registro, oppure con vecchie chitarre che si scordano e non andrebbero bene dal vivo...io le uso finché tengono l'accordatura per un pezzettino, perché hanno un suono trucido. Ecco questo è come mi vengono fuori i suoni in questo momento, il mio mondo.
La trasversalità dei generi è una delle cifre che ti hanno reso il grandissimo artista che sei. E' questa la tua ricetta per non perderti nella normalità, per non adagiarti?
Sì, ma soprattutto non fare i dischi con la copia carbone. Cioè se tu guardi tutta la mia discografia, non c'è un disco che suona come quello precedente e io parlo di arrangiamenti, di produzione.
Tra le canzoni non ce n'è una uguale all'altra. Vengo da 'Oro incenso e birra' che è un rock blues e poi ti faccio 'Miserere'. A me piace, ed è la cosa più difficile che provo a fare tutte le volte, rimanere me stesso rinnovandomi.
La ricetta è la voglia di sperimentare, la curiosità, la voglia di provare nuove strade.
Questo ti porterà ad un nuovo disco di inediti?
Quest'anno ho deciso di fare soltanto 5 stadi più 2 date di Roma e 10 festival in Europa. Non sto via un anno perché voglio cominciare a lavorare su un disco in studio di inediti. Come lo farò? La ricerca mi stimola.
Devo essere, io ma mi pongo delle domande: che vestito, che scrittura diamo a questo nuovo disco? Mi immagino, se 'Diamante' fosse stata scritta adesso, ma con quale suoni l'avrei fatto? Vestita come era vestita o cantata come l'avevo cantata, secondo me non sarebbe più attuale, non avrebbe quella freschezza che ogni disco nuovo secondo me deve avere.
Quindi ora mi concentro sulla ricerca, mi vedo tutta la gamma degli strumenti davanti, dagli strumenti antichi fino ai più moderni, sintetizzatori, eccetera. E poi mi immaginerò un suono, io parto da quello, parto dal suono mentre i cantautori di una volta partivano dal testo, dalle parole Infatti quando parlai di questo mio concetto di partire dal suono con Gino Paolo, lui mi disse, che cazzo fai? Lui partiva dalle parole...
Tra i feat c'è Salmo. A tale proposito cosa pensi della scena musicale italiana, dei giovani artisti di adesso, qualcuno di loro ce l'ha il diavolo in sé?
Salmo mi piace molto. Mi rivedo molto nei suoi testi, ovviamente rapportati al mondo di adesso. Sono un bel pugno nello stomaco, come quando io cantavo 'Solo una sana e consapevole libidine'... E poi l'ho sentito dal vivo e devo dire che veramente è preparato, ha un bagaglio musicale di tutto rispetto, viene anche lui da Ray Charles, dal rhythm and blues. Mi piace anche come persona, molto diretta. Un altro che mi piace per come scrive è Marracash, sia per i testi che per le melodie. E anche Mamood. Gli ho detto di improvvisare soul e lo ha fatto alla grande, ha una duttilità nella voce e una padronanza tecnica vocale molto forte.
Per gli altri non saprei, passano, ma non rimangono, perché non hanno la melodia. Mi piacerebbe fare un esperimento, fare una musica mia, darla a uno di questi per scrivere il testo, nel quale ovviamente devono seguire una metrica e anche la rima. Per loro sarebbe molto difficile perché sono abituati a parlare, parlare, parlare, parlare con una base musicale sotto e basta.
In te, il diavolo e l'acqua santa sono sempre stati in un equilibrio più o meno perfetto, sei anche caduto però...
Sì, ed è stato pesante. Il periodo della mia depressione. Passato sì, ma sono sempre sull'attenti. Non auguro a nessuno qualcosa del genere. Sono stato proprio male. Sai quando due si separano, c'è chi la prende meglio, chi peggio, perché ci sono diverse sensibilità. Anche se sei tu che hai deciso di lasciare. Io la presi proprio male, come un lutto, e poi non sapevo più dove andare, non sapevo più niente, non volevo neanche alzarmi la mattina, avevo attacchi di panico. Ora riesco a controllare la cosa molto meglio, anche se ci sono delle giornate, come per tutti credo, che ti alzi e dici: che cazzo ci sto a fare qua? Però dopo mezz'ora, magari è una bella giornata di sole, mi passa, hai capito? E il lavoro mi aiuta molto.
Quale consiglio ti sentiresti di dare all'Adelmo di un po' di anni fa? Quali sono le cose che non ripeteresti...
Beh, sulla mia vita privata forse dovevo accorgermi prima che ero troppo giovane per un matrimonio. Io avevo 22 anni, lei ne aveva 16. Ci siamo incontrati, poi ci siamo sposati, io a 23, lei 17, 18. Un figlio subito, una figlia subito, senza casa, senza soldi, suonavo qualche volta sabato e domenica con l'orchestra, ma non avevo un contratto, non aveva niente. Ho mollato gli studi perché dovevo guadagnare. Ecco, forse avrei dovuto pensarci un po'.
Mi sono buttato...
Un'altra situazione che non ripeterei risale a quando morì Ray Charles. C'era un tributo a Los Angeles e c'erano un sacco di artisti che cantavano una sua canzone, da Elton John a Bono. Sono partito con l'aereo da Milano via Londra per andare a Los Angeles ma quando siamo arrivati a Londra, dove c'era la coincidenza, ci hanno detto che c'erano dei problemi idraulici all'aereo, e c'era un ritardo probabilmente di tre ore. Mi è venuto un attacco di panico e non ho più voluto prendere l'aereo. Sono tornato a casa.