"Queer" è l'atteso nuovo film di Luca Guadagnino con Daniel Craig nel ruolo dell'alter ego dello scrittore William S. Burroughs, omosessuale, alcolista e dipendente da stupefacenti. Preceduto dalla fama di film scandalo, ad alto tasso di sesso gay, come dal romanzo di uno dei padri letterari della Beat Generation, vede appunto l'ex James Bond espatriato americano nella Città del Messico sordida degli anni 50, che perde la testa per il giovane Eugene Allerton (Drew Starkey), un incontro che diventa attrazione fatale. Come testimoniato anche dalle immagini che arrivano dal primo trailer del film che arriverà nelle sale a febbraio 2025 dopo la première a Venezia 81.
La trama del film -
Città del Messico, nel 1950, un americano sulla quarantina, William Lee, incontra un giovane studente appena arrivato in città, Eugene Allerton. La sua vita solitaria, in cui gli unici rapporti umani sono quelli con una piccola comunità americana, viene così stravolta dalla possibilità di stabilire finalmente una connessione intima con un'altra persona.
Daniel Craig, un personaggio omosessuale dopo un macho come Bond -
"Volevamo che sembrasse reale, toccante, naturale anche se sappiamo che niente di ciò che accade sul set è intimo, decine di persone ti guardano. E così per rompere la tensione abbiamo ballato, poi il resto è arrivato" ha raccontato a Venezia 81 Daniel Craig sulle scene di sesso con Starkey. L'attore americano ha rivelato di non avere paura di spiazzare il pubblico con un personaggio omosessuale dopo un macho come Bond: "Non ho alcun controllo sulla mia immagine, scelgo di interpretare ruoli che rappresentano una sfida, per me stesso e per il pubblico, cercando di essere il più interessante e creativo".
Luca Guadagnino su Burroughs -
Da anni Luca Guadagnino voleva far diventare film la storia raccontata da Burroughs (in Italia pubblicato da Adelphi nel 1985 con il titolo Checca). "Quando lessi il libro di William Burroughs avevo 17 anni, quel romanzo ha segnato la mia adolescenza, ne ho cercato i diritti per anni, poi ho avuto la fortuna di lavorare con Justin Kuritzkes in Challengers e parlare di nuovo del romanzo con lui. Abbiamo deciso di tentare: i diritti di trasposizione erano disponibili ed è stata una gioia, il sogno di una vita si avverava", dice il regista di "Chiamami col tuo nome". Guadagnino è un conoscitore di Burroughs: "Queer è il mio preferito, ha questa forma stupenda, picaresca, con un protagonista che gira la notte, va nei bar, parla di continuo, intrattiene, è comico, buffo, tragico fragile, nudo e poi bam! incontra qualcuno che lo incontra a sua volta, ed è come se questo incontro fosse inevitabile, inesorabile". Al centro di questa avventura, che da Città del Messico, dalla suburra della comunità degli americani espatriati, omosessuali, bevitori, gaudenti si sposta in Sud America alla ricerca della yage, la radice che dà la telepatia, c'è però la grande solitudine allucinata e tossica del protagonista Craig.
A chi gli chiedeva se temesse un'etichetta di scandalo per Queer, il regista italiano ha spiegato: "Ha una complessità di significati diversi rispetto a oggi. All'epoca di Burroughs, Queer voleva dire checca, frocio un termine denigratorio oppure persona strana, diversa. Moralmente? Non lo so, non mi sono mai posto i problemi della morale e non mi interessa. Queer per me è una profonda radicale storia d'amore che ci riporta alla condizione terminale di essere umani, cioè che siamo soli".