INTERVISTA A TGCOM24

Gli esperimenti di Motta con "Suona! Vol. 1": una libertà musicale sulle canzoni della sua carriera

Il nuovo album del cantautore racchiude brani del passato rivisti con lo sguardo di oggi, modificando arrangiamenti e armonie

di Luca Freddi

© Matteo Graia

Motta continua a mettere la musica al centro di tutto. E' così con "Suona! Vol. 1", il suo nuovo album, nonché prima uscita di Sona Music Records, la sua etichetta discografica appena nata. E sarà così per i quattro unici e intimi appuntamenti previsti a novembre, il 7 e 8 all'Hacienda di Roma, il 27 e 28 a Base, a Milano. Oltre a questi, insieme a Cesare Petulicchio, Giorgio Maria Condemi e Roberta Sammarelli, sarà anche il 28 ottobre alle OGR Torino per OGR Club, in occasione della data zero e il 17 novembre al Teatro Ariosto di Reggio Emilia. Nato e prodotto insieme a Cesare Petulicchio e Giorgio Maria Condemi, è un progetto in cui si vuole scardinare la verticalità di alcuni brani che hanno fatto parte della sua carriera, solista e con i Criminal Jokers, modificando arrangiamenti e armonie. Il tutto inserito all’interno di un flusso creativo che abbia come fine ultimo quello di fare musica per il piacere di farla, con la stessa libertà che l’artista riesce a sprigionare su un palco durante ogni suo live. Per rendere possibile tutto questo, Motta ha chiamato con sé Roberta Sammarelli, Kazu Makino, Teho Teardo e Maria Chiara Argirò. Ecco cosa ha raccontato a Tgcom24.

Raccontami per prima cosa come nasce il progetto "Suona"

Con Cesare Petulicchio, che ha curato insieme a me la produzione del disco, suoniamo insieme dal primo tour de "La fine dei vent'anni". In questi anni questi brani hanno cambiato un po' per perché ho voglia di mettermi sempre bastoni fra le ruote, un po' perché secondo me è normale che uno cambiando, ha voglia anche di cambiare la verticalità delle canzoni e gli arrangiamenti soprattutto per il discorso che quando le cose vengono bene io dopo un po' m'annoio sinceramente, quindi mi autosaboto. Soprattutto questa cosa è successa in un tour che abbiamo fatto in trio parallelamente agli ultimi concerti. Erano situazioni particolari e necessitavano di altri arrangiamenti. Quindi poi è nata l'idea di lavorare su queste canzoni su cui abbiamo giocato in tutti questi anni. E che sono canzoni che permettevano di divertirsi appunto nel cambiare accordi e arrangiamenti. E' stato bello perché avendo a che fare con dei testi già scritti, il mio approccio è stato più da musicista che da scrittore di canzoni e questa cosa qua ha creato una libertà molto divertente. E abbiamo anche avuto più coraggio secondo me rispetto a quello che ho quando scrivo i dischi, perché c'è una fragilità che comunque poteva sempre venire fuori poi dopo, nel live. Che è una dimensione in cui appunto poi ti puoi permettere di fare quello che ti pare. Quindi ci siamo chiusi in studio a fare questa cosa mentre facevamo il tour. Non è che abbiamo registrato le cose che facevamo in trio ma arrivati lì, ci siamo approcciati in realtà come se fosse un nuovo disco di inediti. C'è un inedito a cui sono particolarmente affezionato perché è come se tutto il progetto insieme avesse portato anche la libertà musicale che ho avuto in questo inedito che è diverso un po' dalle cose che ho fatto negli ultimi anni.

Questo disco per te è anche un lavoro su di te, sul tuo passato e il tuo presente come cantautore? Se riguardi a certe tue canzoni come le vedi a distanza, come sei cambiato?

Sì è anche come sono cambiato io, però non era un lavoro forzato come se io rinnegasse le canzoni del passato. Nonostante magari poi finirà nel volume 2, difficilmente io rimetterò in mano su "La nostra ultima canzone" perché lì per esempio il fatto che sia venuta fuori come altri brani più pop, non permette questa distruzione dell'arrangiamento. Questi brani che abbiamo scelto invece ci hanno appunto permesso di stravolgerli, però è stata una scelta veramente musicale non dei pezzi a cui era più affezionato o no. Ovviamente rifacendolo adesso è chiaro che mi rappresenta di più musicalmente però come veramente se fosse un progetto parallelo. E' stato proprio un gioco.

Come hai scelto il titolo del progetto

Come ti dicevo c'è questa definizione sempre di cantatore che in italia anche si porta dietro anche una sorta di pesantezza. l'idea era proprio quella di approcciarsi a un testo già scritto da musicista e quindi nella parola "suona" c'è ovviamente l'idea di non tanto di ricordarmi quanto sia importante per me essere musicista. Io ho iniziato prima a fare concerti a fare un musicista. Nella famosa domanda se è più importante la musica o il testo non so assolutamente rispondere perché è la cosa più importante per me era il racconto che si crea tra l'orizzontalità delle canzoni e la verticalità quindi sono anche convinto che alcune canzoni che abbiamo riregistrato con le stesse parole è come se avessero quasi cambiato significato; un po' perché già alla voce è diversa dopo 8-12 anni e un po' perché sono veramente convinto che sia come uno stesso film con due colonne sonore diverse e cambia completamente autorialità.

Come hai scelto le canzoni, perchè queste?

Erano quelle più adatte a giocare con la musica in qualche modo. Come se ci fossero delle parti musicali che potevano essere maneggiate per cercare di dare una nuova vita al testo. Sarebbe stato penso un po' più forzato appunto farlo con "La nostra ultima canzone" o con "Come mi parli di te" che parla di mio padre, ed è giusto che rimanga così. Queste scelte hanno anche dei testi che si strutturano molto per immagini e quindi anche la non chiarezza testuale ti fa venir voglia di cambiare prospettiva musicale, secondo me.

Pensando alle tue canzoni hai già fatto una cernita, e hai già pensato ad altri volumi?

Per adesso non ho ancora pensato. Per il live che stiamo facendo ovviamente c'è la voglia di riarrangiare anche altri pezzi. L'altro giorno durante le prove abbiamo riarrangiato una canzone che ho capito che potrebbe aver senso di esistere in un eventuale volume 2. Però per adesso abbiamo scelto queste perchè è come insomma se facesse parte di un racconto. Io credo anche tanto alla scaletta dei dischi agli album in generale. La scelta iniziale anche è stata basata sul cercare di prendere un brano per ogni disco compresi quelli della mia vecchia band.

Le collaborazioni che vedo come Kazu Makino, Teho Teardo, Maria Chiara Argirò come sono nate e come hanno spostato per te i pezzi?

Maria Chiara è venuta in studio, abbiamo iniziato a suonare, ci siamo parlati ed è venuta fuori questa cosa e poi dal giro di piano che ha fatto lei è venuta è nata "Suona" nei mesi successivi. Il brano con Theo Teardo era più difficile perché un po' ero tremendamente affezionato all'originale e mi ricordava tante cose quindi era difficile distaccarsi. Avevamo bisogno di un occhio esterno e siccome ho una stima enorme verso di lui e sono anni che volevo collaborarci, mi sembrava la persona giusta. Infatti poi ho avuto ragione perché secondo me è una delle cose più riuscite del disco. Con Kazu dovevamo collaborare anni fa per una per una colonna sonora. E c'era questo brano su cui lei aveva fatto un'improvvisazione di voce e poi è rimasto nel hard disk come tantissime altre cose. In questo caso stavamo lavorando su "Suona" e c'è la parte finale che a Giorgio ricordava i Blonde Redhead. Quindi a quel punto mi è tornato il mentre, ho preso la voce e magicamente ci stava. Quindi la vorrei chiamare fortuna ma in realtà secondo me si chiama pazienza.

La libertà con cui presenti questo disco presuppone che non ci sia stata prima, in che modo è mancata?

L'idea di cercare la libertà penso sia alla base proprio dell'essere umano quindi anche dell'io. Penso che il fatto di non essermi sentito libero a volte dipendeva solo esclusivamente da me. Per entrare nello specifico io ho avuto veramente la fortuna di lavorare con un'etichetta come Sugar per esempio che mi ha lasciato la libertà di essere coraggioso. Caterina Caselli è una delle poche discografiche illuminate. Una che non sta a cercare di immediato ma ha delle visioni. Quindi non dipendeva assolutamente da chi stava intorno a me, ma dal fatto che a un certo punto andando avanti con l'età e con i dischi rischi un po' di essere schiavo o di te stesso e delle cose che sai fare. E questo era un loop che non ha poco a che fare con la libertà. Dal momento in cui ti scordi tutte queste cose come è successo in questo disco, e di rincorrere la libertà, sei proprio vicino alla libertà.

Cosa vedremo dal vivo nelle date annunciate?
A Milano e Roma saranno dei concerti in cui noi saremo al centro della sala. Quindi fondamentalmente senza nessun tipo di maschera, un po' come se fosse una session di studio libera davanti alle persone.