Dai ghiacciai alle nuvole, dal nostro cuore al cibo che mangiamo. Ormai l’elenco dei posti in cui finiscono le microplastiche è fin troppo lungo. E continua ad aumentare.
L’ultima notizia in ordine di tempo riguarda i delfini. E no, non stiamo parlando di microplastiche ingerite, bensì respirate.
A dirlo è uno studio appena pubblicato sulla rivista scientifica Plos One. I ricercatori hanno raccolto campioni di aria espirata – tramite una capsula posizionata sullo sfiatatoio – in due luoghi diversi: Sarasota Bay in Florida e Barataria Bay, in Louisiana. Di tutti gli undici esemplari studiati, tutti presentavano campioni.
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Molte delle microplastiche trovate erano il polietilene tereftalato (PET) e poliestere, un polimero usato per produrre abbigliamento e che rilascia grandissime quantità di particelle, che facilmente finiscono nell’acqua e nell’aria.
Sono necessari ulteriori studi, ma queste microplastiche - che potrebbero trasportare anche sostanze chimiche pericolose - potrebbero causare danni a livello cellulare e potenziali infiammazioni.
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Un problema, quello delle particelle plastiche, dalle proporzioni drammatiche. Si stima che nel Mediterraneo ci siano 500 milioni di tonnellate di plastica, di cui l’85% è per noi invisibile. E in tutto il mondo, ormai in quasi tutti gli ecosistemi, animali ed esseri umani sono esposti a questo problema. Alle microplastiche non si sfugge, persino quando si respira.