I GRANDI DI DOMANI

Usa: i bambini che giocano ai videogiochi guadagnano di più da adulti

Uno studio svela che giocare ai videogiochi può aiutare i bambini a migliorare il lavoro di squadra, il processo decisionale e le capacità strategiche

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Trascorrere del tempo con i videogiochi da piccoli può contribuire a padroneggiare capacità gestionali da grandi. Secondo uno studio condotto negli Stati Uniti, le persone che giocano ai videogiochi da piccole hanno una probabilità del 71% di ricevere una promozione in età adulta e guadagnare di più: i giocatori americani, infatti, guadagnano mediamente 5mila dollari all'anno in più rispetto a chi non gioca.

Nonostante sia ancora vivo il preconcetto che i videogame favoriscano l'isolamento sociale, il comportamento violento e scarsi risultati professionali, la maggior parte degli adulti che ha giocato ai videogiochi da bambini o da adolescenti afferma come i videogiochi abbiano contribuito a sviluppare il pensiero strategico, la capacità di risolvere i problemi, la coordinazione occhio-mano e il potenziamento della creatività, offrendo al contempo una fonte di relax e divertimento.

"Molte volte i videogiochi sono associati alla negatività, come la violenza o l'isolamento sociale, ma questo studio ne evidenzia gli aspetti positivi", afferma Merritt Ryan, autore dello studio e portavoce del produttore di videogiochi educativi Prodigy Education. "Il lavoro di squadra, il processo decisionale e la strategia che stanno dietro ad alcuni videogiochi si traducono in preziose competenze professionali in età più avanzata".

Secondo lo studio, oggi il 95% dei genitori americani lascia che i propri figli giochino con i videogiochi e il 65% afferma come anche loro abbiano giocato da piccoli. La maggior parte dei genitori favorevoli alle abitudini di gioco dei figli ritiene che ciò possa contribuire a migliorarne le capacità di risoluzione dei problemi. I figli che giocano ai videogiochi possono vantare maggiori competenze in ambito accademico e sociale: quasi la metà degli intervistati, infatti, ha dichiarato che i propri figli ottengono il massimo delle valutazioni a scuola, con il 38% che raggiunge una media tra l'8 e il 9 e solo il 14% dei videogiocatori americani che avrebbe difficoltà accademiche. "Dal punto di vista dei genitori, il 58% ha dichiarato che i propri figli hanno una vita sociale intensa, il che va contro lo stigma secondo cui i videogiochi isolano o distraggono", aggiunge Ryan.

L'indagine si basa dunque su un crescente numero di ricerche accademiche che non solo confutano le discriminazioni un tempo attribuite al gioco, ma suggeriscono che questo mezzo di comunicazione contribuisce positivamente allo sviluppo delle competenze in età prescolare e scolare, sottolineando come questo non valga solo per i contenuti di gioco esplicitamente educativi, ma per tutti i tipi di videogiochi adatti a determinate fasce di età. "Abbiamo scoperto che i videogiocatori hanno un'attività maggiore in un'area del cervello chiamata precuneo, coinvolta in tutto ciò che riguarda la visione, la memoria spaziale, la risoluzione dei problemi e l'attenzione", spiega Bader Chaarani, neuroscienziato e professore di ricerca presso l'Università del Vermont. "In pratica, significa che questi videogiocatori sono più efficienti in termini di elaborazione della memoria di lavoro".

Coloro che giocano ai videogiochi hanno anche ottenuto risultati migliori nei test cognitivi, soprattutto nelle aree legate alla memoria e al ricordo. "Mi piace pensare che il nostro cervello sia un muscolo, quindi più lo alleniamo, più diventa veloce ed efficiente", ha spiegato Chaarani. "Poiché si impegnano molte funzioni cerebrali allo stesso tempo, soprattutto quando si gioca a esperienze veloci come videogiochi di guida e sparatutto in prima persona, ha dei benefici rispetto a chi guarda passivamente un film o utilizza il proprio telefono per osservare contenuti".

Esiste, tuttavia, un punto di svolta dopo il quale i benefici dei videogiochi sullo sviluppo cognitivo vengono messi in ombra dalle conseguenze negative. "I bambini che giocano circa un'ora al giorno hanno un quoziente intellettivo maggiore, un quantitativo minore o nullo di problemi di salute mentale e ottengono risultati migliori in tutti i test cognitivi rispetto ai non videogiocatori", ha affermato Chaarani. "Dopo tre ore al giorno, iniziamo a vedere problemi di salute mentale e un QI più basso". Sulla base delle sue ultime ricerche, Chaarani raccomanda ai genitori di limitare i figli a un'ora o meno al giorno e di dare sempre la priorità all'attività fisica rispetto a qualsiasi tipo di tempo trascorso davanti a uno schermo.