SETTIMANA DELLA DISLESSIA

Dislessia, quali sono i campanelli d'allarme e come affrontarla a scuola? Risponde l’esperta

Skuola.net ha voluto dare il suo contributo per affrontare al meglio questo DSA, chiedendo un parere a Giada Ielpo, logopedista specializzata nel trattamento del disturbo

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Più tempo a disposizione per svolgere compiti in classe e verifiche – che spesso diventano prove orali – in combinazione con interrogazioni programmate su misura. Un sogno per molti studenti, una necessità per altri. Perché come un miope ha bisogno degli occhiali per vedere meglio, allo stesso modo uno studente con dislessia dovrebbe avere il diritto di essere sostenuto adeguatamente, con gli strumenti e l'attenzione necessari.

Come tutti i DSA - i disturbi specifici dell’apprendimento - la dislessia è, infatti, un ostacolo sul percorso di formazione dei ragazzi. E, sul lungo periodo, può portare un alunno a vivere negativamente l'esperienza scolastica, anche da un punto di vista emotivo.

Come “gestire” la dislessia in ambiente scolastico

Lettura lenta e quasi sempre scorretta – con omissioni o inversioni di sillabe all'interno della stessa parola -, e conseguenti difficoltà nella comprensione di un testo scritto: sono solo alcuni dei campanelli di allarme che manifestano gli studenti con dislessia tra i banchi. Dall'esterno, lo stesso alunno potrebbe sembrare svogliato e non portato per lo studio ma, a ben vedere, non è assolutamente così.

Il primo passo, dunque, è la normalizzazione, ossia rendere palese una condizione che spesso, erroneamente, viene invece associata a pigrizia e mancanza di impegno. Dopodiché si deve necessariamente passare al sostegno vero e proprio, per individuare i punti di forza, ma anche le eventuali lacune, dello studente. Infine, si arriva alla programmazione di un piano operativo che possa metterlo nelle condizioni di rendere al meglio tra le mura scolastiche. Per arrivare all’obiettivo, però, è necessario che scuola e famiglia collaborino. Ma non solo: ancora più essenziale è l’intervento di un’equipe di esperti qualificati.

Per questo motivo, il portale Skuola.net - punto di riferimento per gli studenti di tutte le età e per i loro genitori - si è rivolto a Giada Ielpo, logopedista specializzata nel trattamento dei disturbi del linguaggio e dei disturbi dello spettro autistico, nel tentativo di fare chiarezza su un disturbo che in Italia, ad oggi, colpisce circa il 5% della popolazione studentesca.

Partiamo dalle basi della conoscenza del fenomeno: cos'è la dislessia?

“La dislessia è un Disturbo Specifico dell’Apprendimento (DSA) che riguarda la difficoltà di lettura. Viene definito 'specifico' in quanto interessa uno specifico dominio di abilità lasciando intatto il funzionamento cognitivo. Infatti per avere una diagnosi di dislessia il bambino non deve presentare deficit cognitivi, sensoriali o neurologici.

In generale i bambini con DSA possono avere difficoltà nel memorizzare i giorni della settimana, i mesi dell’anno, possono avere difficoltà nell’organizzazione del tempo, a volte confondono la destra con la sinistra, difficoltà nel leggere l’orologio, già questi segnali dovrebbero far sorgere il dubbio di trovarci di fronte a un bambino con disturbo specifico dell’apprendimento”.

Parlando di scuola, quali sono i principali segnali che un genitore o un insegnante dovrebbe cogliere per riconoscerla?

“Tra i campanelli di allarme nei bambini con dislessia ritroviamo sicuramente una difficoltà nell’automatizzare il processo di lettura, con conseguenti reazioni emotive negative da parte del bambino.

Altri sintomi, poi, possono essere: una lettura lenta e non fluente, difficoltà a copiare dalla lavagna (si saltano il rigo o le parole), difficoltà a mantenere il rigo di lettura, lettura scorretta (inversioni-omissioni o aggiunta di sillabe all’interno della parola), scambio di grafemi simili visivamente p/b/d/g/q- a/o – e/a, scambio di grafemi simili fonologicamente f/v – t/d – r/l – d/b, errori di anticipazione (ovvero provare a indovinare la parola prima ancora di averne terminato la lettura).

La conseguenza di questa lettura lenta e scorretta, nel suo insieme, alla fine sarà una ridotta capacità di comprensione del testo scritto”.

Spesso chi è affetto da dislessia è circondato da pregiudizi: quali sono i falsi miti sulla dislessia che ritiene sia importante sfatare prioritariamente?

“Il più delle volte si ritiene che un bambino con diagnosi di dislessia sia un bambino meno intelligente degli altri. In realtà, per ottenere una diagnosi di dislessia è necessario avere una capacità cognitiva nella norma.

Inoltre, spesso, si crede che un bambino dislessico sia più pigro e svogliato degli altri. Quando, invece, le cause della dislessia sono di tipo neurobiologico e nulla hanno a che fare con la pigrizia.

Infine, spesso si crede che la dislessia, e i DSA in generale, facciano parte solo dell’età evolutiva e che con l’età adulta svaniscano o si guarisca. Anche qui, non è così: ciò che accade è che le persone con dislessia riescono solo a compensare il loro “disturbo” con la messa in atto di strategie utili a limitare tale difficoltà”.

A che età è possibile fare una diagnosi attendibile e a chi rivolgersi?

“Si può fare una corretta diagnosi di dislessia dalla fine della seconda classe della scuola primaria. È infatti indispensabile, prima di farla, che il bambino sia stato esposto per un tempo adeguato all’insegnamento della lettura.

Per averla, è necessario rivolgersi al Servizio di Tutela della Salute Mentale di Riabilitazione in Età evolutiva (TSRMEE) o all’unità operativa di Neuropsichiatria Infantile (UONPIA) della propria Azienda Sanitaria Locale di riferimento. In alcune regioni, è possibile rivolgersi anche a specialisti privati autorizzati. Operativamente, della diagnosi di dislessia se ne occupa un team di professionisti formata da psicologo, neuropsichiatra infantile e logopedista”.

Una volta che si ha la conferma della dislessia, come cambia la vita scolastica di uno studente dislessico?

“Attestato che si tratta di dislessia, la scuola deve applicare il protocollo previsto dalla legge 107/2010, che tutela il diritto allo studio dei bambini e ragazzi con DSA. Gli insegnanti hanno, perciò, il compito di redigere un Piano Didattico Personalizzato (PDP) con il quale si definiscono gli interventi che verranno messi in atto per il bambino con dislessia. Nel PDP vengono definite le modalità didattiche che verranno attuate e vengono definiti gli strumenti compensativi e le misure dispensative.

Per esempio, un bambino con dislessia potrà essere dispensato dalla lettura ad alta voce, potrà usare schemi e mappe concettuali, utilizzare una guida fisica che isola il rigo e permette di leggere senza perdere il rigo, avrà la possibilità di non eseguire prove a tempo o di avere a disposizione più tempo per eseguire una prova e di sostenere solo interrogazioni programmate, in forma orale oppure le verifiche in formato digitale”.

Esistono tecnologie o strumenti digitali che possono facilitare il percorso di apprendimento per gli studenti con dislessia?

“Certamente sì. Tra i più utilizzati troviamo la sintesi vocale, che permette di sostituire la lettura del testo con l’ascolto. Ciò permette allo studente di studiare le diverse materie senza affaticarsi. Esistono poi diversi strumenti scanner in grado di trasformare i testi dei libri cartacei in testi leggibili dalla sintesi vocali. Oppure software in grado di tramutare lo scritto in figure. Nonché programmi appositi per la realizzazione di mappe concettuali e schemi”.

Come possono le famiglie collaborare con la scuola e i professionisti per creare un ambiente favorevole allo sviluppo scolastico e personale dello studente?

“Per prima cosa i genitori devono parlare ai propri figli della diagnosi, ciò aiuta i bambini a dare un nome e ad elaborare le loro difficoltà. È utile spiegargli che gli strumenti che verranno utilizzati in ambiente scolastico non servono a 'barare' ma sono utili per apprendere meglio. Parallelamente, è necessario gratificare i loro successi, sostenerli nell’organizzazione del tempo e dei compiti, guidarli nella scoperta della lettura tramite l’ascolto di audiolibri o leggere direttamente insieme a loro”.

La dislessia può influire anche su altre aree dell'apprendimento, come la matematica o le lingue straniere? Se sì, come si può intervenire?

“Risposta affermativa. Una recente ricerca ha dimostrato che i bambini con dislessia possono avere difficoltà nell’area della matematica, anche senza rispondere ai criteri di diagnosi di discalculia (disturbo specifico dell’apprendimento relativo all’area del calcolo). Ciò avviene principalmente a causa della comprensione del testo dei problemi e del recupero in memoria dei dati. In questo caso, potrebbe essere utile ricorrere alla sintesi vocale anche per la lettura del problema e alla costruzione di schemi e tabelle per il recupero dei dati.

Un bambino con dislessia può però avere difficoltà pure nell’apprendere le lingue straniere, soprattutto quelle definite 'opache', come l’inglese, dove non c’è una corrispondenza diretta tra grafema e suono. In questo caso potrebbe essere utile favorire un approccio multisensoriale che vada a coinvolgere l’udito puntando quindi principalmente sulla conversazione”.

Quali strategie possono adottare gli studenti stessi per affrontare con successo le sfide legate alla dislessia durante gli anni scolastici e universitari?

“Uno studente con dislessia deve affidarsi e imparare a utilizzare al meglio tutti gli strumenti compensativi di cui necessita. Ciò gli consentirà di arginare le difficoltà legate all’apprendimento. Inoltre, è fondamentale per lui avere un sostegno che gli consenta di superare le sfide emotive legate alla sensazione di frustrazione e inadeguatezza che potrebbe sperimentare. È importantissimo concentrarsi sui propri punti di forza e coltivare competenze e abilità trasversali”.