"Ho sbagliato", ammette Naomi Campbell, ma se errore è stato commesso, è la linea di difesa della top model 54enne, è stato quello di "non impegnarsi attivamente nelle operazioni quotidiane dell’Ong da lei fondata nel 2005 Fashion for Relief come avrebbe dovuto". Respinte, invece, tutte le accuse mosse dall'autorità di regolamentazione britannica Charity Commission, che in un rapporto ha denunciato "molteplici casi di cattiva condotta e/o cattiva gestione" e che solo l'8,5% delle spese complessive dell'ente della Venere Nera è stato destinato a sovvenzioni di beneficenza in un periodo di sei anni a partire dal 2016. Che fine hanno fatto, dunque, quei soldi, milioni di sterline raccolti in beneficenza? "Naomi non ha mai ricevuto pagamenti per il suo coinvolgimento con Fashion for Relief, né ha mai fatturato spese personali all'organizzazione", ribadisce il suo portavoce al Guardian. E il giallo si infittisce.
L'accusa: fondi caritativi spesi in lussi personali? -
L'inchiesta amministrativa lunga due anni sulle attività finanziare dell'associazione legata alla moda che ha l'obiettivo della lotta alla povertà, fondata da Naomi Campbell ormai due decenni fa, su ispirazione di Nelson Mandela, rivela, infatti, secondo la Charity Commission for England and Wales che l'ha condotta, un abuso a scopi personali di fondi, destinati in teoria alla beneficenza, raccolti tra il 2016 e il 2022, da Fashion for Relief, di cui Campbell era stata fra i promotori.
In soldoni, Fashion for Relief ha speso in beneficenza soltanto l'8,5% dei milioni di sterline raccolti. Conti alla mano, su 1,7 milioni raccolti, solo 5.500 sterline sono andate, dunque, davvero ad attività benefiche. Perché il resto, come certificato dall'indagine, sarebbe stato utilizzato per pagare, per esempio, il soggiorno della Campbell in un hotel a cinque stelle a Cannes con trattamenti spa, servizi in camera e sigarette inclusi per un totale di 7.940 euro; un volo Londra-Nizza per trasferire opere d'arte e gioielli a un evento di raccolta fondi a Cannes nel 2018 (14.800 euro). E ancora per pagare la sicurezza privata della stessa Campbell o per finanziare operazioni legate a interessi privati delle sue socie coinvolte, Bianka Hellmich e Veronica Chou.
Così, per tutti questi motivi, l'ente britannico di controllo ha vietato alla top model il ruolo di fiduciaria di un ente di beneficenza per i prossimi cinque anni. Una vicenda che ha generato un danno di immagine incalcolabile alla Campbell, la quale ha subito definito "fuorvianti" i risultati del rapporto, valutando tutte le opzioni possibili, compreso un ricorso.
Le altre due fiduciarie di Fashion for Relief, Bianka Hellmich e Veronica Chou, hanno subito sì un analogo provvedimento punitivo, ma di durata diversa: Hellmich - accusata pure di aver intascato personalmente compensi per fantomatici servizi di consulenza pari a 290.000 sterline - è stata sospesa da qualunque incarico in organizzazioni caritative attive nel Regno Unito per 9 anni, Chou per 4.
La posizione di Naomi Campbell di fronte alle accuse -
Prima di tutto, ha spiegato Naomi Campbell, dall'alto del suo patrimonio di 60 milioni di dollari, "riconosco che, come volto di Fashion for Relief, sono in ultima analisi responsabile della sua condotta. Sfortunatamente, non ero coinvolta nelle operazioni quotidiane dell'organizzazione e ho affidato la gestione legale e operativa ad altri. Voglio assicurare a tutti coloro che ci hanno sostenuto che questi risultati vengono presi molto sul serio. Ho incaricato i nuovi consulenti di intraprendere un'indagine accurata su ciò che è accaduto".
"In secondo luogo - ha aggiunto - non ho mai intrapreso un lavoro filantropico per guadagno personale, né lo farò mai. Ho dedicato quasi 30 anni della mia vita a iniziative di beneficenza e mi preoccupo profondamente del valore e dell'impatto del lavoro che faccio. Contrariamente ai resoconti dei media, non mi è mai stata pagata alcuna parcella per la mia partecipazione a Fashion for Relief né ho fatturato alcuna spesa personale all'organizzazione. Per me è importante che questo punto sia chiarito ed evidenziato".
"In genere, allineo il mio lavoro di beneficenza con incarichi retribuiti, che coprono il mio viaggio e le spese correlate - ha continuato -. Nei casi in cui ciò non sia possibile, né io né i miei amici personali abbiamo coperto le spese. Infatti, in termini di spese alberghiere specifiche menzionate nel rapporto, l'hotel ha confermato che tutte le spese sono state regolate dal mio agente di viaggio personale, che a sua volta ha verificato che sono state rimborsate direttamente da una terza parte non affiliata alla fondazione". E dunque, "riteniamo che gli aspetti del rapporto siano profondamente imperfetti. Ci siamo occupati di punti specifici e intendiamo prendere in considerazione tutte le opzioni, inclusa la richiesta di un ricorso, per garantire che il rapporto presenti una rappresentazione equa e accurata delle nostre operazioni".
"Questa esperienza - ha concluso - ha solo rafforzato la mia determinazione a continuare ad avere una visione positiva del mondo. Sono grata per il sostegno incrollabile dei nostri donatori, partner e sostenitori. La vostra fiducia e pazienza durante questo periodo difficile sono profondamente apprezzate mentre lavoriamo diligentemente per affrontare questi problemi e restiamo saldi nella nostra missione di aiutare chi ne ha bisogno".
Proprio per questo ha aggiunto che sta valutando "tutte le opzioni possibili, compreso un ricorso" contro la decisione dell'autorità di regolamentazione che, con questa inchiesta, ha permesso di recuperare o far rimborsare 345.000 sterline spese impropriamente. Mentre altre 98.000 sterline in uscita sono state messe al sicuro in extremis.