“Ci vediamo in un’altra vita, fratello” (o “see you in another life, brotha” tenendo fede a chi ha seguito la serie in versione originale): ed è passata effettivamente una vita – televisivamente parlando - dalla prima puntata di Lost, vent’anni esatti oggi. Sono ancora in molti quelli che, esattamente come diceva Desmond a Jack, 'una vita' dopo continuano a ricordare i personaggi di uno dei serial più iconici della tv moderna, che ha segnato un’epoca, ha tracciato uno stile e al quale tanti dei telefilm di successo arrivati dopo devono molto.
Il 22 settembre 2004 i superstiti di un volo aereo diretto a Los Angeles non si schiantavano solo su un’isola sperduta ma anche nelle tv di milioni di persone che, da quel momento, avrebbero iniziato a seguirla come un culto, oppure a odiarla. Dopotutto non è così che va con le cose di grande impatto? Uniscono e dividono come poche altre. Lost ha ampiamente superato il concetto di serie tv: in tanti hanno provato a indagarne il senso filosofico, il rapporto tra fede e scienza come quello tra destino e casualità oltre alle dinamiche di gruppo che raccontano un’America divisa e unita a seconda delle situazioni. Bisogna guardare oltre la trama, studiare i rapporti tra i personaggi, al loro percorso, al viaggio che fanno insieme, nel bene e nel male, perché “se non riusciamo a vivere insieme, moriremo da soli”. Trovarsi (o ritrovarsi) scavando nel proprio io per quello che l’isola li costringe a fare. Quell’isola tanto odiata ma senza la quale “we have to go back!”.
Senza perderci in troppi spoiler, anche perché sarebbe impossibile riassumere in poche righe 118 puntate (diversamente dalle mini-serie contemporanee, ai tempi c’erano stagioni anche di 24 episodi), Lost parla di un gruppo di persone sopravvissute dopo uno schianto aereo che devono capire come andare avanti in attesa dei soccorsi ma ben presto si renderanno conto che il pezzo di terra sul quale sono forzatamente costrette a vivere nasconde segreti ed entità soprannaturali che chiederanno il loro aiuto per garantire la sopravvivenza dell’isola stessa e, di conseguenza, del mondo. Il tutto firmato, almeno all’inizio, da un big come J. J. Abrams che proprio con Lost spiccherà il volo, girato sulle spiagge mozzafiato delle Hawaii e accompagnato dalle meravigliose musiche dell’italo-americano Michael Gioacchino.
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Sei stagioni, ultima puntata il 23 maggio 2010, costellate di morti, resurrezioni, amori, lotte, viaggi nel tempo così come in altre realtà e tanti, per alcuni troppi, colpi di scena. La struttura seriale (e virale) che ha imposto Lost ha ispirato altri successi come Game of Thrones o Stranger Things: si supera il mero minutaggio della puntata e si insinua nella quotidianità degli spettatori. Con Lost inizia il fenomeno del binge watching, guardare una puntata – anche quelle vecchie - una dopo l’altra compulsivamente (personalmente sono arrivato all’ottavo rewatch…), unica consolazione visto che uscivano a una settimana di distanza l’una dall’altra. E per chi era fuori dagli Stati Uniti era anche peggio visto che, diversamente da ora, passavano mesi tra l’uscita della versione originale e la ritrasmissione doppiata in Italia, anzi proprio Lost ha dato impulso e velocizzato questo processo: l’ultima puntata venne eccezionalmente mandata in onda, in lingua originale, contemporaneamente a quella americana e uscì sottotitolata in italiano solo poche ore dopo.
Per ingannare il tempo tra un episodio e quello successivo, si passavano ore intere a confrontarsi sui forum – visto che i social network per come li conosciamo ora dovevano ancora nascere e soprattutto diffondersi – azzardando le teorie più disparate cercando di capire dove volessero parare gli autori; e poi la nascita dei cosiddetti Alternative Reality Game, giochi che univano tv, web e realtà portando l’universo della serie nella vita di tutti i giorni; il merchandising a 360°; la collaborazione di personalità famose (per esempio il trailer della prima stagione firmato David LaChapelle); la quantità di serie tv pubblicizzate come “eredi di”; le innumerevoli citazioni in tv, film, videogiochi, canzoni… Lost riuscì persino a ritardare di un giorno il discorso dell’ex presidente americano Barack Obama al Congresso perché avrebbe dovuto parlare proprio in concomitanza con la messa in onda della prima puntata dell’ultima stagione, il 2 febbraio 2010!
Ecco perché ancora oggi si parla di Lost, 38 premi vinti tra Emmy, Saturn Awards & co.: perché la sua eredità vive nelle serie di fantascienza moderne. E questo nonostante le critiche che l’hanno investita nel corso degli anni: dalla spesa esagerata per la prima puntata (13 milioni di dollari, il doppio di quanto si spendeva allora per un pilot) ai buchi di trama, da un certo punto di vista inevitabili se si ha bisogno di spostare sempre più in alto l’asticella del mistero (in realtà il grosso degli enigmi è stato spiegato. E, no: non sono tutti morti nello schianto aereo!); dal finale per tanti deludente (ma va goduto il viaggio, non tutto va spiegato. soprattutto se parliamo di intrattenimento) fino alle accuse di razzismo sul set emerse l’anno scorso a proposito delle quale gli autori Lindeloff e Cuse hanno cercato di mettere una pezza.
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Se ne parla talmente tanto che produttori indipendenti, grazie a oltre 220.000 euro messi insieme col crowdfunding, hanno realizzato un documentario rintracciando gran parte del cast a vent’anni dalla messa in onda del pilot. E quindi, ancora una volta, ci vediamo in un’altra vita, alla prossima data significativa, che sia 2034 o 2044: perché, ne siamo sicuri, di Lost si continuerà a parlare anche in futuro.
Se amate i misteri, su Mediaset Infinity potete trovare diversi titoli intriganti: come per esempio La strada del silenzio e La foresta degli scomparsi dove si aggiunge l’anima crime; Roswell New Mexico per la fantascienza pura; Corsa contro il tempo o Snowpiercer per i colpi di scena.