Dopo il trionfale successo dei 41 eventi che hanno segnato il commiato di Claudio Baglioni dalle grandi arene outdoor e indoor, ora il cantautore romano saluta l'Arena di Verona con otto concerti il 19-20-21-22 e 25-26-27-28 settembre. Qui porterà “aTUTTOCUOREplus ultra”, capitolo conclusivo, in edizione speciale, dell’opera-show che rappresenta il vertice della sua ricerca nello spettacolo dal vivo. E dopo? Baglioni, che nei giorni scorsi è stato iscritto all'Elenco d'Onore dell'Ordine degli Architetti della provincia di Verona", scherza: "Non farò l'architetto. La parola fine è l'ultima che si scrive in un romanzo".
Questi ultimi concerti all'Arena di Verona fanno parte del lungo "giro d'onore" con cui Baglioni si avvia all'addio alle scene, annunciato per fine 2026. Ma il futuro è una pagina ancora tutta da scrivere. "Mi piacerebbe - spiega - dedicarmi alla musica, studiare ancora di più ciò che mi è mancato, tentare qualcosa dal punto vista musicale che abbia una dimensione maggiore e diversa come le opere musicali". In fondo, "gli spettacoli degli ultimi anni, dal 1998 in poi - dice - sono prove generali di una sorta di melodramma rivisto, nel segno del teatro totale propugnata da Wagner".
Una concezione di spettacolo che l'oggi 73enne cantautore ha fatto sua soprattutto all'Arena di Verona, prima con il palco centrale del 2018, che ha riportato l'anfiteatro alla sua vocazione originaria, poi con i prossimi concerti, che lo vedranno sul palco, su una gradinata ispirata alle scale di Escher, insieme a 80 performer e 20 musicisti. "La chiamo opera totale, sembra presuntuoso ma - sottolinea - ci ho messo tutto ciò che ho imparato, in una sorta di fiaba senza tempo, perché la potenza evocativa di una canzone ce l'hanno poche cose". In questa dimensione di arte totale, qualcuno gli chiede se potrebbe passare al cinema: "Ho fatto un hippy che canta in 'Ipotesi sulla scomparsa di un fisico atomico' - racconta -, poi mi arrivarono copioni inverosimili con me e Lucio Battisti ragazzi di borgata, una sorta di Romanzo criminale a due che finiva male, ma non abbiamo accettato, così come - aggiunge divertito - non ho accettato di fare un film di fantascienza hard che si doveva chiamare 'supersex', ma mi piacerebbe scrivere musica di commento ai film".
© Ennevi
Matteo Faustini (Presidente Ordine Architetti di Verona), Claudio Baglioni, Paola Bonuzzi (Vicepresidente Ordine Architetti di Verona)
Sicuro è invece che non tornerà come direttore artistico a Sanremo: "Già non volevo farlo il primo anno, poi ho fatto anche il secondo. Ma no, Sanremo è una super trasmissione televisiva e deve farla chi fa la tv". In passato c'è stata "qualche proposta di superconsulenza o direzione artistica, ma bisogna avere le capacità. Questo - sottolinea - è anche il Paese dei tanti ruoli, del tanto fumo e poco arrosto". Una preoccupazione che coinvolge anche la musica: "Ho timore che tanto della musica di oggi non resterà, è una qualità che non può restare, può interessare oggi ma non diventerà un classico, come molto del rap o trap, sono troppo legati al momento ma la vita cambia".
Dopo le ultime esibizioni all'Arena di Verona, il prossimo step del lungo tour d'addio saranno i teatri: "Ho cantato in tutti i teatri lirici italiani, ma non alla Scala - dice Baglioni -. Ma sono in grande compagnia perché, tolti Paolo Conte e Keith Jarrett, nessun altro ha cantato lì e forse anche giustamente. E' un tempio sacro. La voglia c'è e l'ultima volta stavamo anche per chiederlo. Poi sono stato io a chiedere di non farlo. Viste anche le polemiche per il concerto di Paolo Conte, forse non ne vale la pena".
Di qui al 2026 ci sarà comunque spazio per tante cose, compreso un album: "Non so se sarà un disco di inediti o altro, ma - rivela - sto scrivendo. Mi sono dato - chiosa - un percorso per incorniciare gli eventi, ho avuto bisogno di confini, di dare io il tempo a questo lungo addio".