MESSAGGIO ALLE NUOVE GENERAZIONI

Ecco l'EP postumo di Pino D'Angiò, il figlio: "Mi diceva sempre che mi dovevo allenare alla felicità"

""Funky Maestro" il titolo del nuovo progetto, quattro brani di cui tre inediti, che il cantautore registrò poco prima di morire

di Antonella Fagà

© IPA

Si intitola "Funky Maestro", l’EP postumo di Pino D’Angiò, fuori dal 13 settembre: "Un manifesto, con un messaggio alle nuove generazioni... e a me", racconta Francesco Chierchia, il figlio del cantante scomparso lo scorso, 6 luglio, a Tgcom24, svelando alcuni dettagli inediti di Giuseppe Chierchia, vero nome di Pino D'Angiò, cantautore, ma anche padre, marito ed eclettico artista: "Papà mi diceva sempre che mi dovevo allenare alla felicità... lo sto facendo".

A Sanremo 2024 -

Un uomo che non ha mai smesso di divertirsi e amare la vita e che ha saputo conquistare le vecchie e le nuove generazioni. Proprio pochi mesi prima della sua scomparsa era salito sul palco di Sanremo 2024, con i Bnkr44 per la versione remixata di "Ma quale idea", la canzone che negli anni Ottanta lo aveva reso famoso, e che, agli esordi, aveva venduto 2 milioni e mezzo di copie in Italia, e 12 milioni in tutto il mondo, specialmente in Spagna, tornata poi, dopo il Festival, prepotentemente in classifica e apprezzata da un’intera nuova generazione. 

I brani -

Nell'EP riecco, integro, il marchio di fabbrica di Pino, sonorità sfacciatamente funk, instancabilmente ballabili e autenticamente “anni ottanta”, grazie alle quali il cantante ha saputo "svecchiarsi" e modernizzarsi rimanendo però legato a tutto ciò che lo ha reso iconico. 
Nell’infrastruttura, nell’intercapedine di questo progetto, tuttavia, mascherato da un sound allegro e orecchiabile ma palpabile, si percepisce molto di più. 
Soprattutto nella prima traccia “Non diventare come loro”, in cui Pino sembra voler parlare con tenerezza e umiltà ai giovani, gli stessi che gli hanno ridato la vita negli ultimi anni, facendo ritornare la sua musica e il suo nome alla ribalta, dopo i lunghi e numerosi periodi di malattia che ha dovuto affrontare.
E poi c’è l'ironica “C’è un’app”, attraverso cui D'Angiò sembra voler scherzare sul mondo e le relazioni, con l’eleganza e il carisma da uomo di altri tempi, che lo hanno sempre inevitabilmente contraddistinto. E la ballata "Volando nell'anima" (feat. di Bobby Soul, versione sperimentale/demo).
Insomma, un progetto che nella sua essenzialità è completo, commovente, diretto, irriverente e soprattutto necessario. Il perfetto manifesto postumo dell’anima, della musica, della voce di Pino. In questo caso, registrata e volutamente mantenuta roca, imperfetta, vissuta.

 

Francesco, si può leggere il primo brano dell'Ep come un messaggio rivolto alle nuove generazioni, ma in particolar modo a te...una sorta di monito? -

 
Credo proprio di sì. L'intero Ep è un manifesto con un messaggio dedicato alle nuove generazioni, ai giovani con cui ha sempre sentito di avere un legame particolare, un'affinità e un'allegria comune, ma anche a me, soprattutto nel brano guida, "Non diventare come loro". E' un monito, un ultimo suggerimento... Ricordo bene la prima volta che ascoltai il brano in studio, quando ancora non era stato finalizzato. Papà pronunciò le prime due parole, che sono "ragazzo mio" e mi guardò... 

Hai seguito le fasi della registrazione dell'Ep? -

 
Sì, anche se poi io mi occupo di tutt'altro, ho cercato di esserci, come ho fatto negli ultimi anni, di essere molto più presente nella sua vita artistica, collaborando però soprattutto sugli aspetti più social e di comunicazione. In realtà non sono stato in studio costantemente, però lui mi aggiornava su come evolvevano le varie tracce, fino a quando mi ha fatto sentire il risultato finale dell'intero Ep.

Cosa diceva di questo nuovo Ep e cosa rappresentava per lui? -

 
Lui in realtà semplicemente si divertiva nel farlo, si divertiva ad andare in sala a provare, sperimentare, sbagliare, riprovare, a trovare quel ritmo, quegli elementi che poi hanno sempre caratterizzato tutta la sua produzione. 
"Funky Maestro" contiene quelli che sono stati i suoi ultimi lavori di un periodo molto complicato, quindi credo che andare in studio sia stata per lui una sorta di medicina ulteriore rispetto ai farmaci tradizionali, che gli ha consentito di andare ancora avanti, di trovare stimolo, curiosità e soprattutto divertimento, perché poi la cosa importante che mi piacerebbe emergesse dall'Ep e dal suo personaggio è che lui era una persona che si è sempre divertita tantissimo nel fare quello che ha fatto. 

Qual è il primo ricordo che hai della musica di tuo padre? -

 
Il primo ricordo che ho è di lui che prova delle chitarre in studio ad Amalfi. Lui ha sempre composto tanto anche a casa, quindi la dimensione della creatività, della ricerca, della sperimentazione è sempre stata un po' pane quotidiano per noi in famiglia.

Ti ha mai dedicato una canzone? -

 
Prima di "Non diventare come loro" non proprio, ma credo che in molti dei suoi brani ci siano dei passaggi in cui un pochino le parole si rivolgono a me o comunque a mia madre. Insomma, la relazione familiare ha sempre contato molto per lui.

Francesco ci parli di questo Pino papà, marito, uomo di famiglia e di come l'hai vissuto tu? -

 
Sì, in realtà forse sarò un po' di banale, ma papà era una persona estremamente serena e allegra, per cui questa divisione tra la dimensione artistica e quella personale c'era ma nei confronti del pubblico forse, del palco,  in realtà in casa non ha mai pesato, anche perché Pino era un personaggio, che aveva anche delle linee caratteriali in comune con Giuseppe, e di fatto era un personaggio di cui lui vestiva i panni quando necessario per poi dopo spogliarsene. C'era tantissimo altro che gli ha permesso di vivere, delle cose molto belle, tante passioni, tanti interessi e anche tanto studio, tanta cultura. La figura di papà è spesso legata al funky, però è anche vero che papà ha fatto tanto tanto altro in maniera trasversale, dalla conduzione radiofonica, ai musical teatrali, alla composizione di poesie, di brani per altri artisti, alla presentazione di eventi anche in mondovisione...

 

Ti saresti mai aspettato che dopo il lungo periodo di malattia lui tornasse e raggiungesse questo successo soprattutto con i giovani? -

 
Me l'aspettavo nella misura in cui in cui ho sempre visto un papà estremamente tranquillo di quello che stava accadendo nella sua vita, nonostante le difficoltà. Lui non ha mai iniziato qualcosa senza sapere che ci sarebbero state ottime probabilità che funzionasse. 
Da quando è tornato sul palco, già partire dal 2019 ormai, con una risposta incredibile da parte un pubblico sempre più giovane, lui ha continuato a scherzare sul fatto che lui era invecchiato ma il suo pubblico no. Può far davvero sorridere se si pensa che il pubblico di oggi è come quello di dieci anni fa, lo stesso degli anni Ottanta, cioè nella fascia tra i 18, i 30, i 50.
Questa comunicazione musicale, gestuale, e anche emotiva, che lui aveva con i giovani, non è assolutamente scontata.  

E come se lo spiegava tuo padre -

  
Quella che si dava lui in realtà è una non spiegazione. Lui diceva spesso una cosa che potrà sembrare banale, ma in realtà è semplicemente vera, cioè che il successo si chiama così perché succede, lo sai dopo, quindi con il senno di poi le spiegazioni si sprecano, ma in realtà non è possibile molte volte trovare una razionalità concreta nell'esito di alcune cose. Con il tempo io mi sono fatto l'idea, che comunque l'attenzione per il pubblico giovanile e l'attenzione che il pubblico giovane ha nei suoi confronti possa derivare dall’empatia e dallo spessore che emerge dal suo personaggio, perché oltre al Playboy scanzonato, in realtà c'è tanto altro, c'è un personaggio che sicuramente trasmette leggerezza, allegria, curiosità, sperimentazione. Un personaggio rivoluzionario già negli anni Ottanta, che ha aperto poi le porte a tutta una serie di generi e di influenze. Tutta questa "leggerezza" e questa empatia, che arriva al pubblico più giovane, poi paga in termini anche di risposta e di voglia di divertirsi, di ascoltare delle cose che sono allo stesso tempo originali, ma iconiche. 

Qual è il più grande insegnamento che ti ha dato tuo padre? -

 
Allora, purtroppo sono troppi per sceglierne uno, ma... Parlavamo spesso dell'essere felici, lui mi ripeteva spesso che bisogna allenarsi alla felicità, bisogna entrare, mettersi nelle condizioni di saperla riconoscere, valorizzarla e di non lasciare che accada di essere felici solo sporadicamente e casualmente, non è sotto il nostro controllo.

La felicità è in parte inconscia, ma c'è un percorso da fare che riguarda noi, chi siamo, che cosa vogliamo, che cosa ci piace sul serio e che riguarda cose estremamente più intime e importanti. Quindi ogni tanto, scherzando mi chiedeva: 'Ti stai allenando, sei andato in palestra?". E poi c'è un altro ricordo importante. Quando avevo 8-9 anni lui mi stampò una poesia di Kipling che si chiama "Se" e mi chiese di impararla a memoria perché poteva essere una buona guida per condurre una vita in un modo che abbia valore. 

Che cosa ti porti e porterai con te per sempre di tuo padre? -

 
Credo che mi starà sempre accanto con la sua mano sulla testa che è sempre stata e sempre sarà in grado di calmarmi nei momenti di difficoltà e in cui mi sono trovato e mi dovessi trovare, da oggi, insomma da 6 luglio in poi: il pensiero più immediato sarà che cosa avrebbe fatto e in questo senso lui è l'esempio più prezioso che ho avuto. 

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