Forse non ci facciamo caso, ma molto spesso, quando andiamo al ristorante, non finiamo l’acqua delle bottiglie che ordiniamo. In media, i clienti non bevono una trentina di litri di acqua a settimana e i ristoratori, di conseguenza, sono costretti a buttarla via per rispettare le norme igieniche sanitarie in vigore. Ma lo chef Ciro Di Maio, di origini napoletane, patron del ristorante San Ciro a Brescia, non riusciva ad accettare questo spreco e così, armato di carta e penna, si è messo a segnare ogni giorno quanta acqua sprecava: ha scoperto che, con il suo flusso di clientela, finivano nel lavandino in media 35 litri a settimana, ossia quasi 150 litri al mese.
A poche centinaia di metri dal ristorante dello chef Di Maio, sorge il Canile Rifugio di Brescia, gestito dall’associazione Sos Randagi, da più di vent’anni impegnata nell’accoglienza dei trovatelli, con l’obiettivo di farli vivere serenamente e di trovare loro famiglia fedeli e responsabili. Chef Ciro conosceva la struttura: il suo cane Ciruzzo Junior è un bulldog francese che per lui è quasi un figlio, e così ha bussato alle porte del canile e ha proposto un semplice gesto: ogni settimana passerà dal canile portando l’acqua lasciata sui tavoli dai suoi clienti, raccolta in tanichette da cinque litri.
“Per me è davvero un sollievo non sprecare più il nostro oro blu, l’acqua che sarà sempre più un bene prezioso per l’umanità”, dice Ciro. “Sto anche educando i miei clienti al suo consumo e spero che questo gesto simbolico venga imitato anche da altri miei colleghi ristoratori. Mi piacerebbe che si creasse una rete di chef che salvano l’acqua, sarebbe bello che qualche guida, penso ad esempio alla guida Michelin, iniziasse a valutare anche chi si impegna in iniziative green di questo genere che vanno a chiudere la filiera alimentare valorizzando davvero ogni ingrediente che portiamo in tavola. L’acqua è uno di questi, forse il più importante dato che compone tutti i cibi”.
L’iniziativa ha dunque preso il via, dato anche il periodo di forte calura estiva, durante il quale gli ospiti dei canili soffrono particolarmente le alte temperature e visto, inoltre, il problema della siccità per l’agricoltura, ormai sempre più al centro dell’attenzione. Senza dimenticare il drammatico picco di abbandoni di animali che ogni anno durante l’estate aumenta sempre più.
A sostenere l’iniziativa c’è Ann Christine Terenghi, presidente di Sos Randagi Brescia e autrice del libro “Solo un cane”, che narra le storie di tanti cani che vivono la vita in canile. È stata proprio lei ad accompagnare Ciro verso le ciotole, dove lo chef ha fatto fluire la prima acqua con la supervisione di Idro, un grande e bellissimo cane bianco, purtroppo sordo, che da mesi vive nel canile ed è alla ricerca, come gli altri, di una famiglia che lo adotti. “Un nome che non poteva essere più azzeccato, come testimonial di questa iniziativa”, dice Di Maio.
“I nostri ospiti hanno bisogno prima di tutto di cibo e tanta acqua, soprattutto ora che il caldo aumenta la sete” spiega Terenghi. “Speriamo che questo bel gesto di Ciro serva a far riflettere chi ne spreca molta e anche chi decide di lasciare il proprio fedele amico a quattro zampe in canile, con le motivazioni più banali, le vacanze in primis. Ricordiamo che abbandonare un cane in strada è un reato penalmente perseguibile, ma rinunciare portandolo direttamente in canile per futili motivi è altrettanto incivile”.
“Per noi è importante la cura degli animali, molti arrivano qui in stati davvero preoccupanti”, dice Guido Pellarini, veterinario e direttore sanitario del Canile Rifugio di Brescia. “Per questo abbiamo bisogno della solidarietà di tutti”. Questa non è la prima iniziativa solidale di chef Ciro, che lo scorso anno si era impegnato per insegnare l’arte bianca della pizza ai detenuti del carcere di Brescia. Non solo, si è dedicato anche alla formazione nel Rione Sanità di Napoli, un quartiere che gli ricorda la strada in cui è cresciuto, via Rossini a Frattamaggiore. L'istituto alberghiero D'Este Caracciolo ha accolto il suo progetto, portando a termine alcune lezioni online a dei ragazzi che seguono l’indirizzo enogastronomico e l’indirizzo sala e accoglienza.
Lo chef e il ristorante
Classe 1990, lo chef Ciro Di Mario nasce a Frattamaggiore, comune del Napoletano. Le sue prime esperienze nel lavoro iniziano a 14 anni, poi si iscrive all’Alberghiero, ma a 18 anni lascia gli studi e inizia a lavorare. Nel 2015, la svolta: trova un lavoro da pizzaiolo per una grossa catena in Lombardia, poi riesce a rilevare quella pizzeria assieme a sei soci, infine diventa titolare unico. È così che è iniziata l’avventura San Ciro, il suo locale a Brescia che oggi impiega una quindicina di persone, locale noto per la veracità delle sue pizze, ma anche per il suo menù di alta cucina. Un locale amato perché rappresenta la tradizione napoletana, a partire dagli ingredienti: olio Dop, mozzarella di bufala campana Dop, pomodorino del Piennolo, ricotta di bufala omogeneizzata e porchetta di Ariccia Igp.
Fondamentale è la pasta: ogni giorno viene scelto il livello esatto di idratazione, in base all’umidità di giornata. Il menù comprende la pizza verace, ma anche il battilocchio, la pizza fatta da un impasto fritto nell’olio bollente e subito servito avvolto in carta paglia. Le pizze sono tutte diverse, fatte artigianalmente: “Mi piace tirare le orecchie alle pizze, ognuna ha il suo carattere e deve mostrarlo, odio le pizze perfettamente rotonde e se c’è più pomodoro da una parte rispetto ad un’altra è perché usiamo pomodori veri”.
Di Indira Fassioni