Ormai stiamo imparando a conoscere i tanti volti dell’inquinamento: delle acque, del suolo, atmosferico, sonoro, fino a quello luminoso. A stupirci sempre, purtroppo, sono gli effetti di questa problematica sull’ambiente e gli ecosistemi.
L’ultima notizia in ordine di tempo riguarda l’illuminazione artificiale e la sua capacità di trasformare le foglie degli alberi. Ma andiamo per gradi.
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Per inquinamento luminoso intendiamo l’alterazione dei livelli di luce nell’ambiente. Di norma di notte dovrebbero essere molto bassi ma, soprattutto negli ambienti urbani, diventano molti alti grazie alle luci artificiali. Un’alterazione non necessaria, dunque, le cui conseguenze sono davanti agli occhi di tutti: le stelle sembrano scomparse dal cielo, le lucciole sono relegate alle aree rurali e la lista potrebbe continuare. Ancor più preoccupante se pensiamo che nell’ultimo decennio l’inquinamento luminoso è aumentato di circa il 10% ogni anno.
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Gli effetti che le nostre luci hanno sulla flora e sulla fauna vengono già analizzati da tempo. Sappiamo ad esempio che la miriade di puntini luminosi ostacola gli impollinatori notturni intaccando il già fragile equilibrio della biodiversità. Ma ora potremmo avere una nuova scoperta.
Questo grazie a un recente studio dell'Accademia Cinese delle Scienze pubblicato sulla rivista “Frontiers in Plant Science”. La ricerca ha analizzato quasi 5500 foglie raccolte a Pechino - appartenenti all’acacia del Giappone e al frassino verde - e ha dimostrato come la luce artificiale ne avesse alterato i processi fisiologici, cambiandone addirittura la struttura.
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In che senso? Le foglie diventano più dure e quindi meno appetibili per gli insetti erbivori. La trasformazione avviene perché le piante si concentrano più sulla difesa che sulla crescita. Il meccanismo alla base non è ancora molto chiaro, ma è probabile che le foglie, effettuando una fotosintesi più lunga, utilizzino più risorse per produrre fibre strutturali. Di conseguenza, diminuendo gli insetti erbivori c’è un calo di quelli predatori e quindi degli uccelli che si nutrono di questi ultimi. Un piccolo cortocircuito nella catena alimentare delle città.
Ovviamente si tratta di uno studio ancora circoscritto a una sola città e a due sole specie di alberi; quindi, sarà necessario condurre nuove e più ampie ricerche. Questo non rende però meno preoccupante la questione. L’impatto della natura è ormai così pesante che ci chiediamo fino a che punto l’ambiente riuscirà a riadattarsi.