Tribunale di Bari

Si rompe il femore mentre ruba un Rolex e chiede risarcimento alle vittime: il giudice dice no

Il tribunale civile ha rigettato la richiesta del rapinatore per i fatti avvenuti dieci anni fa imponendogli anche il pagamento delle spese processuali: fu legittima difesa

© ansa

Si ruppe un femore mentre tentava di rubare il Rolex del proprietario di un garage a Bari. Per i danni subiti il ladro aveva chiesto un risarcimento, ma il tribunale di Bari ha respinto la sua richiesta e ha stabilito che dovrà pagare anche le spese processuali, per un totale di 7.600 euro.

La vicenda risale al 2014. Il rapinatore si presentò nel garage del capoluogo pugliese con un complice e impugnando una pistola. Tentò di impossessarsi del costoso orologio minacciando con l'arma sia il proprietario che alcuni dipendenti. Il figlio del titolare, che in quel momento stava manovrando un Mercedes, si accorse di quello che stava accadendo e per soccorrere il padre investì il ladro, costringendolo così a buttare l'arma. L'urto procurò una frattura scomposta del femore destro. Dieci anni dopo, il giudice ha stabilito che il danno fu la conseguenza di una legittima difesa e per questo il ladro non ha diritto a ottenere un risarcimento.

L'uomo, nella sua richiesta al tribunale, all'inizio avrebbe cercato di nascondere l’antefatto che aveva portato alla rottura del femore, facendolo passare per un incidente. Ma il suo piano è fallito. Il rapinatore non ha ottenuto neppure il risarcimento della compagnia con cui era assicurato il Mercedes e alla quale aveva chiesto di ripagare i danni per le stesse ragioni. Secondo il ladro, infatti, quella del figlio non fu legittima difesa, ma una manovra fatta proprio con l'obiettivo di fargli male. Di diversa opinione il giudice, che ha puntualizzato come il rapinatore sia stato condannato in primo grado per la tentata rapina a tre anni e quattro mesi (poi ridotti a due anni e quattro mesi).

Il figlio del titolare, inoltre, avrebbe agito per bloccare un'aggressione in corso. Non può risponderne perché è stato costretto ad agire per necessità. Secondo il giudice, è stato indotto a quel gesto da "uno stato di paura e a fronte dell’aggressività e della violenza" manifestate dal rapinatore nei confronti del proprio padre, "tale da rendere la manovra contestuale effettuata una legittima e proporzionata reazione all’offesa ingiusta subita dal proprio genitore". L'uomo, insomma, avrebbe solo sventato una rapina, aggravata dall'uso dell'arma che minacciava la vita del padre e di tutti i presenti.

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