Sono passati dieci anni dalla scomparsa di Robin William, istrione del cinema mondiale, pagliaccio ribelle di Hollywood. Una sorta di Gianburrasca del cinema americano, che in fondo era un uomo fragile. L'11 agosto 2014 il mondo intero fu sconvolta dalla notizia della sua morte. Il popolare attore, a 63 anni, si era tolto la vita impiccandosi con una cintura nella sua casa californiana di Tiburon. Poco prima del gesto, gli era stata diagnosticata una grave malattia neurodegenerativa. Tra i suoi ruoli iconici c'è sicuramente quello di Mrs. Doubtfire, nel film omonimo del 1993, nel doppio ruolo di padre affettuoso e sedicente tata fuori dagli schemi: grazie a questo vincerà anche un Golden Globe come miglior attore in una commedia.
I suoi ruoli cult -
Vero proprio talento comico, con 40 anni di carriera alle spalle, ha saputo commuovere, far ridere ed emozionare dando vita ad una molteplicità di personaggi indimenticabili del grande schermo, spesso diversissimi tra loro eppure ogni volta incredibilmente efficaci, grazie al grande trasformismo da sempre la sua cifra stilistica.
Tra i suoi ruoli cult si va dal vulcanico e trascinante speaker radiofonico Adrian Cronauer (che gli valse il primo Golden Globe) di stanza a Saigon durante il conflitto, incaricato di risollevare il morale delle truppe in "Good morning, Vietnam" (1987), al professore di letteratura fuori dagli schemi John Keating, restio ad adattarsi ai programmi scolastici tradizionali de "L’attimo fuggente" (1989). E poi l'eterno ragazzino Peter Pan che segna il contrasto tra il grigiore dell'età adulta e la gioiosità dell'essere bambini nel film di Spielberg, "Hook - Capitan Uncino" (1991). Una passione ludica che lo porta anni dopo nei panni di Alan Parrish a giocare al pericoloso e inquietante gioco da tavolo "Jumanji" (ma anche a chiamare sua figlia Zelda, come un famoso videogioco)
Tra i personaggi più famosi e amati interpretati nella sua carriera, c'è poi sicuramente Mrs. Doubtfire, nel film omonimo del 1993, nel doppio ruolo di padre affettuoso e sedicente tata fuori dagli schemi: grazie a questo vincerà anche un Golden Globe come miglior attore in una commedia. Poi interpreta il medico e attivista statunitense Hunter Doherty "Patch" Adams nel film semi-biografico a lui dedicato. Il suo clown col camice dall'animo anticonformista non è solo il protagonista di un biopic, ma racconta anche un'esperienza di supporto umano che Williams ha realmente vissuto stando vicino al grande amico Christopher Reeve.
Da segnalare anche la svolta attoriale verso il thriller grazie a personaggi disturbati e disturbanti tra "Insomnia" di Christopher Nolan e soprattutto il Sy Parrish vitreo, glaciale e svuotato dalla solitudine di "One Hour Photo". Ricca la carriera da doppiatore. Da circoletto rosso il suo "contributo" nel classico Disney del 1992 "Alladin" che hanno portato al successo la pellicola: gli incredibili 52 personaggi improvvisati per il Genio della lampada. Un'altra prova a testimonianza della straripante vena artistica di un attore indimenticabile.
La carriera -
Nato a Chicago nel 1951, da una ex modella e da un dirigente della Ford, Robin Williams era cresciuto in Michigan a Bloomfield Hills, sobborgo di Detroit. Ha frequentato la prestigiosa Juillard School di New York prima di affermarsi come comico e conquistare la tv con la popolare serie "Mork & Mindy", in cui interpretava un alieno umanoide.
Robin aveva imparato a far ridere e a imitare le voci degli altri sin da piccolo, per divertirsi e divertire gli altri e sentirsi meno solo. Dopo la serie TV "Mork & Mindy" e una caduta nella dipendenza dalla droga e dall’alcool, finalmente la sua grande occasione si presenta con "Good Morning Vietnam" nel 1987 e la sua carriera prende il volo nel 1989 con "L’attimo fuggente". Da lì inizia la sua ascesa al cinema, con quattro nomination all'Oscar e una statuetta vinta per migliore attore non protagonista nel 1998 con "Will Hunting", film con la sceneggiatura degli allora sconosciuti Matt Damon e Ben Affleck. Il suo Sean Maguire, lo psicologo del ragazzo difficile Will, è un mentore umano, una guida verso la vita.
Istrione e Peter Pan del cinema mondiale, Robin Williams ha un posto d’onore nell'Olimpo di Hollywood e la sua stella non potrà mai essere dimenticata, grazie ai personaggi da lui interpretati, al suo sorriso e al talento dimostrato negli anni.
La malattia che lo portò al suicidio -
Quattro anni fa un docufilm, "Robin's Wish" ha svelato che a portare l'attore al suicidio fu una terribile malattia neurodegenrativa la demenza a corpi di Lewy, una patologia che attacca il cervello e provoca ansia, insicurezza e depressione.
Nel documentario a parlare di quanto accaduto nelle settimane precedenti alla sua morte, ci pensano soprattutto la moglie di Robin, Susan Scheneider Williams, e il regista Shawn Levy, che ha diretto l'attore nel suo ultimo film, "Una notte al museo: il segreto del faraone". Proprio il regista racconta che durante la lavorazione del film apparve chiaro come per Williams ci fossero dei problemi. "Ricordo che mi disse che gli stava succedendo qualcosa - spiega -, che non si sentiva più lo stesso". E il perché lo rivela la moglie. Per lei le cose sono diventate chiare dopo aver ricevuto il rapporto del medico legale dal quale è emerso un quadro più ampio rispetto a quello che molti avevano tracciato. "Mio marito stava combattendo contro una malattia mortale - racconta lei -. Tutte le zone del suo cervello erano state attaccate dalla malattia. Un'esperienza che lo ha totalmente disintegrato“. La demenza a corpi di Lewy è infatti una malattia devastante, che ha come caratteristiche quelle di incrementare l’ansia e l’insicurezza causando delle delusioni fortissime nella persona che ne è affetta.