PUBBLICATO UN VADEMECUM

Fine vita, il Vaticano: "Spazio per la ricerca di mediazioni sul piano legislativo"

Nell'opuscolo "Piccolo lessico del fine vita" la Pontificia Accademia ripropone un rifiuto netto dell'eutanasia, così come dell'accanimento terapeutico

© agenzia

No all'eutanasia, sì alle cure palliative ma anche uno "spazio per la ricerca di mediazioni sul piano legislativo", mentre "nutrizione e idratazione artificiali", rappresentando trattamenti medico-sanitari a tutti gli effetti, andrebbero valutati "caso per caso". E' la posizione della Pontificia Accademia per la Vita espressa in un vademecum dal titolo "Piccolo lessico del fine vita".

"La libertà implica quindi sempre l'esigenza di essere responsabili della vita: in me e nell'altro, indissolubilmente. Una prospettiva che certo non collima con una concezione individualista, che tende a ridurla alla solitudine dell'autodeterminazione assoluta e cede alla volontà di potenza dell'amore di sé, senza riguardo per la vulnerabilità alla quale espone gli affetti dell'altro. Siamo tutti radicalmente relazionati", scrive monsignor Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia accademia per la Vita, nell'introduzione al documento, motivando le ragioni della sua pubblicazione.

Intervistato dai media vaticani, monsignor Paglia puntualizza: "Ricordo che già Pio XII nel 1956, come si riporta nel Lessico, affermò la liceità della sospensione della ventilazione se ricorrevano alcune gravi condizioni. E già nel 2007 la stessa Congregazione per la Dottrina della Fede, dopo aver affermato una presupposizione positiva per il loro utilizzo, ha riconosciuto che possano essere lecitamente interrotte (o non iniziate) quando comportano un’eccessiva gravosità o un rilevante disagio fisico. Sono due criteri che fanno parte della definizione dei trattamenti non proporzionati, cioè quelli che sono da sospendere. È una valutazione che richiede sempre, per quanto possibile, il coinvolgimento della persona malata. Il Lessico va letto tutto". 

"Non disponiamo di noi stessi nel vuoto di ogni legame", "è così che viviamo, noi umani: fino alla fine", premette mons. Paglia, "nell'affrontare i temi evocati dalle singole parole, questo lessico tiene conto del contesto pluralista e democratico delle società in cui in cui il dibattito si svolge, soprattutto quando si entra nel campo giuridico".

"I diversi linguaggi morali non sono affatto incomunicabili e intraducibili, come alcuni sostengono; lo sforzo che ciascuno compie per comprendere le ragioni dell'altro e per accettare il dialogo con chi la pensa diversamente, favorisce e, favorisce il confronto e una almeno parziale condivisione delle ragioni valide in favore dell'una o dell'altra scelta".

"La discussione aperta e rispettosa conduce a un dialogo pubblico capace di influenzare positivamente anche le decisioni politiche, mostrando come le mediazioni tra diverse posizioni non sono necessariamente destinate ad assumere la figura scadente di un compromesso al ribasso o della negoziazione per uno scambio di favori politici", aggiunge.

Nel documento, in sintesi, si ripropone un rifiuto netto dell'eutanasia, così come dell'accanimento terapeutico. Ma anche il rilancio delle cure palliative e delle "disposizioni anticipate di trattamento", il cosiddetto testamento biologico, la necessità di trovare, in società democratiche e pluraliste, "un punto di mediazione accettabile fra posizioni differenti" in merito al suicidio assistito, e la possibilità di sospendere alimentazione e idratazione a pazienti in fin di vita. 

Alla domanda se cambi qualcosa sulla posizione del Vaticano su eutanasia e suicidio assistito, infatti, monsignor Paglia risponde: "La Chiesa ribadisce la sua assoluta contrarietà ma invita anche a riflettere su quanto l'ostinazione irragionevole (accanimento terapeutico) non sia espressione di una medicina e di cure davvero a misura e a favore della persona malata. La morte è purtroppo una dimensione della vita. È inevitabile. Certo, non dobbiamo mai accorciare la durata della vita, ma neppure ostinarci a voler ostacolare in ogni modo il suo corso. Siamo fragili. Ed ecco, allora, il perché dobbiamo prenderci cura gli uni degli altri. Dobbiamo impegnarci molto di più di quel che normalmente si fa per accompagnare le persone nelle fasi finali della loro esistenza".

"Non ci sono poi "mediazioni accettabili" a priori - aggiunge sull'espressione contenuta nel testo pubblicato dalla Pav -. Certo sui temi fondamentali e delicatissimi del fine vita è auspicabile che si raggiunga il più alto consenso comune possibile, e quindi che tiene conto in modo rispettoso delle diverse sensibilità e credi religiosi. È il compito della politica. La Chiesa può collaborare, in vista del bene comune di tutta una società. A lei spetta la formazione delle coscienze, più che l'elaborazione delle leggi".

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