Marco D'Amore è intervento al Giffoni Film Festival per un workshop con i ragazzi della manifestazione e ha acceso le curiosità dei tanti presenti in sala. Vincitore di due Nastri d'Argento, attori tra i più brillanti della sua generazione, alterna nel suo percorso arti diverse grazie alla sua eccezionale versatilità: "Il Cinema e il Teatro sono due mondi completamente diversi". Premiato dal Festival con il Giffoni Award 2024, lui che ha sempre fatto scelte dettate dalla passione, e mai al mercato, ha parlato di "Gomorra" e di come quella serie gli abbia "completamente stravolto la vita" e ha evidenziato anche l’importanza dello sbaglio: "Non c’è niente di più proficuo che sbagliare".
Gli inizi e gli errori -
"Con il cinema si ha un rapporto diretto con la tecnologia, il teatro ti mette in connessione diretta con il pubblico. A 18 anni ho avuto la fortuna di lavorare nella compagnia di Tony Servillo. Passavo ore in silenzio solo a guardare perché in scena andavano i grandi, ore di attesa per stare poi 4 minuti in scena. E sbagliavo ma da quegli errori imparavo, così in futuro spero di sbagliare e imparare. L'inciampo ti fa vedere che ci sono altre strade e altre possibilità", racconta Marco D'Amore.
Il ruolo in "Gomorra" -
Intrapreso giovanissimo il mestiere di attore, il ruolo amatissimo di Ciro è quello che lui riconosce centrale nella sua carriera "Gomorra mi ha stravolto la vita, mi ha offerto tante possibilità, è sicuramente il progetto più importante a cui abbia mai preso parte. La serie è andata in oltre 20 Paesi del mondo ed è stato bello vedere le reazioni di pubblici diversi. Gomorra è un meraviglioso vivaio in cui sono cresciute tante piante, un posto in cui potevamo esprimerci, è nata cosi' la mia prima esperienza da regista, nel 2018", ha detto. Coprotagonista è stata senza dubbio la città: "Alle nostre spalle c'è stata la realtà, nessuna scena è stata registrata in un teatro di posa. Quei quartieri sono davvero così, ma noi siamo sempre stati accolti con fin troppo amore rispetto a quello che abbiamo restituito".
Le Vele di Scampia -
Posti che in questi giorni sono saliti alle cronache per il crollo del ballatoio delle Vele di Scampia, ma lui commosso aggiunge solo "Su questo preferisco il silenzio. Lascio alle autorità le valutazioni, agli altri la propaganda, le grida" è il suo commento mentre gli occhi si abbassano e il volto si pietrifica. Ma davanti ai ragazzi aggiunge: "Lì ho troppe persone molto care a me, tra cui il bambino che ha fatto il protagonista de L'immortale e che per me è come un figlio acquisito, che è proprio della Vela celeste e che stava la'. È annunciata da anni, lo sanno tutti. Quindi, oggi che tutti ne parlano, che si fanno portatori di solidarietà e di vicinanza, ecco, in questo momento io mi taccio".
L'emulazione -
Sul tema dell'emulazione della violenza, D'Amore non ha dubbi: "Il più grande errore è giudicare un personaggio perché i personaggi sono vette. La prima cosa è distinguere la fascinazione narrativa con l'emulazione. In Grecia si esponeva il pubblico a spettacoli efferati per suscitare una catarsi: attraverso la condivisione di tanto orrore vi si prendeva le distanze. L'emulazione non ha a che vedere con i racconti ma con il mondo orrendo in cui viviamo". Realtà e set a volte però possono sovrapporsi "Una delle scene più difficili che ho girato nella mia carriera è stata sul set di 'Drive me home' con Vinicio Marchioni. Prima di incontrarci in quel film noi non ci conoscevamo, lì ci siamo scoperti in profonda connessione artistica e umana. Cosi' l'ultima scena prevedeva che i nostri personaggi si separassero, quel momento è coinciso con la fine delle riprese e la nostra vera partenza. Devo ammettere che quel giorno ho pianto veramente tantissimo".
Sul cinema -
Sulla situazione di oggi dell'audiovisivo Marco D'Amore spiega che "questo è un Paese che non va al cinema, è un esportatore di bellezza e cultura che però non ha un sostegno". Quanto alla parità di genere vede nero: "Non ci può essere purtroppo. In un mondo di violenza e di sopraffazione la gentilezza, la fragilità che sta nel femminile delle cose è schiacciata e non c'è. Non sono pessimista, sono realista, guardo quello che mi sta intorno. Questa sopraffazione non ha semplicemente a che fare col sesso ma con una visione del mondo che è sempre più questa. Sempre più di sopraffazione della gentilezza. Del resto con tutte le guerre e le violenze del mondo... E non parlo solo delle due più evidenti e di cui tutti parlano ma delle oltre 50 in corso nel mondo e di cui non parla nessuno".