l'inchiesta del Guardian

"È un lavoro da sogno, ma fa male alla salute": la dura vita dei critici dei ristoranti

Dopo l'abbandono dell'incarico del guru gastronomico del The New York Times, altri colleghi intervistati dal quotidiano anglosassone segnalano problemi causati dal tipo di alimentazione

© istockphoto

Ha fatto notizia la decisione del guru mondiale della gastronomia, Pete Wells di lasciare dopo 12 anni il suo lavoro come critico dei ristoranti per il The New Tork Times. Motivo? Una serie di controlli medici hanno rivelato valori completamente sballati a causa del suo stile di vita e della sua alimentazione. Il quotidiano britannico The Guardian ha intervistato altri colleghi di Wells e il risultato per il giornale inglese sembra chiaro: fare il recensore gastronomico è uno dei lavori più belli del mondo ma mette a rischio la salute. 

La lettera di dimissioni di Pete Wells e l’esperienza della collega Grace Dent -

 Nella lettera di dimissioni Pete Wells ha spiegato che i valori relativi a colesterolo, glicemia e ipertensione non erano affatto incoraggianti. "Ero tecnicamente un obeso, non solo tecnicamente", ha scritto. The Guardian ha quindi chiesto a quattro importanti critici della ristorazione come mitigano i rischi per la salute. La critica di ristoranti della stessa testata inglese Grace Dent ammette che "è il lavoro più bello del mondo. Non posso lamentarmi. Ma il fatto è che ti ucciderà. Lo sappiamo tutti, noi scrittori di cibo, ovviamente, anche se non ne discutiamo, perché è un piccolo tabù". La donna racconta di aver visto colleghi ingrassare e ammalarsi e che anche lei vive una continua battaglia con la bilancia. Descrivendo una sua giornata di lavoro, Dent spiega di aver fatto una colazione meridionale a base di pagnotta di datteri e shakshuka (un piatto con uovo fritto e pomodoro), un pranzo somalo e ravioli uzbeki per cena. In pratica ha assunto circa 4.000 calorie in meno di 12 ore. I suoi trucchi per prevenire malattie sono camminare almeno sei miglia al giorno, fare tanto allenamento, essere diventata astemia e aver imparato a dire di no alle box regalo o alle potate extra offerte dai produttori o dai ristoranti. 

La storia della critica Chitra Ramaswamy e di Fay Maschler -

 Chitra Ramaswamy è stata critica dei ristoranti per il Times (edizione scozzese) per quattro anni fatti di mal di pancia fino ad aver scoperto un problema al colon. Le due settimane precedenti al controllo aveva esagerato: aveva recensito ben due menù degustazione composti da 30 portate in due pasti. Fay Maschler è oggi la giudice gastronomica del Tatler ma ha una carriera di quasi 50 anni nel ruolo, lavorando anche per altre testate. "Recentemente il mio gastroenterologo mi ha suggerito di sottopormi a un'ecografia allo stomaco", ha detto rivelando di aver confessato al dottore di aver avuto la sensazione di aver perso l'appetito rispose in modo un po’ troppo brusco. “Beh, forse hai mangiato abbastanza” Le avrebbe risposto lo specialista: "Forse perché hai mangiato fin troppo per tutta la vita". 

L'esperienza di Leonie Cooper -

 Leonie Cooper è una giornalista in area food&drink del Time Out London. Ha iniziato questo tipo di lavoro da due anni e mezzo e racconta che "nei miei primi 12 mesi, ho cenato fuori quasi ogni sera e il mio primo progetto importante è stata la revisione della lista annuale dei 50 migliori ristoranti di Londra stilata da Time Out. Per questo motivo, mangiavamo fuori due volte al giorno, pranzo e cena, e nessun pasto era composto da insalate. Si trattava di una cucina ricca, cremosa e salata e, poiché sarebbe stato scortese non farlo, per lo più annaffiata con vino". Dopo un anno di alimentazione ad alta intensità, la donna ha notato gli effetti negativi sul suo corpo ed è corsa ai ripari con l'attività fisica e riducendo gli alcolici.

Fare il critico gastronomico, per le intervistate dal The Guardian, continua a essere il lavoro più bello del mondo ma è impossibile farlo senza adottare delle contromisure in termini di quantità di cibo da mangiare e sport per consumare il cumulo di calorie.

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