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Carcere, Garante: già 50 suicidi, 16 in più rispetto al 2023

Il focus dell'autorità nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale è aggiornato al 5 luglio

ansa

Sono 50 le persone che si sono tolte la vita in carcere dall'inizio dell'anno in Italia. Il dato, aggiornato al 5 luglio, è diffuso dal Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale. "E' un dato elevato rispetto allo stesso mese di luglio del 2023 e 2022 in cui se ne registrarono 34 (con un aumento di 16 decessi) - si legge nel focus -. Si tratta di 48 uomini e 2 donne, 27 sono italiani e 23 stranieri, provenienti da 14 diversi Paesi". Delle persone che si sono tolte la vita 19 (il 38%) erano in attesa di giudizio. L'età media dei 50 detenuti che si sono suicidati è di circa 39 anni.

I dati del Garante  In base allo studio aggiornato degli eventi siucidari negli istituti penitenziari italiani pubblicato dal Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale, delle persone morte per suicidio in carcere fino al 5 luglio 2024, 48 erano uomini e 2 donne. Ventisei persone, pari al 52%, si sono suicidate nei primi sei mesi di detenzione; di queste: 6 entro i primi 15 giorni, tre delle quali addirittura entro i primi cinque dall'ingresso. Le sezioni maggiormente interessate sono quelle a custodia chiusa, con 44 casi (pari all'88%).

Presidente Anm: nessuna risposta al sovraffollamento  "Se oggi l'emergenza è il sovraffollamento, e lo diciamo in tantissimi, ci sono 50 suicidi che sono la prova più forte della drammaticità della questione, beh non trovo nessun tipo di risposta in quel decreto legge ( il Dl Carceri, ndr). Non c'è nessun tipo di soluzione. Ce ne potevano esser tante. Non c'è nessun tipo di strumento che consenta uno sfoltimento del numero" dei detenuti. Così Giuseppe Santalucia, presidente dell'Associazione Nazionale Magistrati (Anm), parlando a margine del Comitato direttivo centrale. 

L'ultimo caso a Firenze: il detenuto aveva fatto reclamo per cimici e topi in cella  In un reclamo, presentato a febbraio scorso al tribunale di sorveglianza di Firenze con l'assistenza di Altro Diritto, il ventenne tunisino suicidatosi giovedì 4 luglio nel carcere fiorentino di Sollicciano, dove era detenuto, aveva chiesto "il ripristino delle condizioni di salubrità", dovendo vivere in cella senza acqua, ma con cimici, muffa e topi.

Il giovane, come riportano alcuni quotidiani, sollecitava i giudici a "ordinare alla amministrazione penitenziaria di porre fine alla lesione e alla limitazione dei suoi diritti", legata alle condizioni degradanti della struttura penitenziaria fiorentina, chiedendo, in caso di accoglimento, di trasmettere il reclamo in Procura per accertare se la detenzione in quelle condizioni configurasse il reato di tortura: "L'Amministrazione penitenziaria ha agito con crudeltà ponendo in essere un trattamento inumano e degradante per la dignità delle persone". L'udienza al tribunale di sorveglianza si era svolta il 22 maggio, era in attesa della decisione.

Detenuto 20enne suicida nel carcere fiorentino di Sollicciano, scoppia la rivolta

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Il reclamo del giovane tunisino non è un caso isolato. Sono numerosi gli esposti per chiedere uno sconto di pena e il ripristino di condizioni dignitose presentati dagli avvocati dei detenuti di Sollicciano. A dicembre scorso a un 58enne sudamericano, condannato per omicidio, il magistrato di sorveglianza sulla base del ricorso dell'avvocato Elisa Baldocci ha concesso uno 'sconto' di 312 giorni di pena, riconoscendo il "trattamento degradante" subito negli otto anni di detenzione a Sollicciano a causa delle pessime condizioni del carcere fiorentino.

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