Provate, per un attimo, a chiudere gli occhi e a tapparvi le orecchie. Ecco, adesso provate a immaginarvi una vita così. Impossibile, vero? Eppure, che c'è chi deve realmente fare i conti con un'esistenza del genere: al buio e senza suoni. Come Stefano Ciccarelli, che da 41 anni combatte la sua battaglia, senza mai indietreggiare. Anzi: andando avanti, di obiettivo in obiettivo. L'ultimo, in ordine cronologico, era quello di diventare giornalista professionista. Un grande traguardo tagliato martedì 2 luglio a Roma. Un risultato che Stefano ha deciso di condividere con i lettori di Tgcom24, ripercorrendone le tappe.
Stefano, partiamo dall'inizio. Quando hai deciso d'intraprendere questa strada?
"Dopo essermi laureato in giurisprudenza a Napoli, ho firmato un contratto come "Cultore della materia" all'università Suor Orsola Benincasa. Dal 2015 al 2019 impartivo lezioni di diritto privato comparato agli studenti e, per quello che so, erano anche apprezzate. Poi il Covid...".
Cosa è successo?
"Il contratto era terminato e mi sono dovuto reinventare per non darla vinta alla depressione e allo sconforto dell'isolamento. Ho letto del bando per la scuola di giornalismo di Napoli e, grazie alla preziosa spinta di mia mamma, mi sono lanciato. Ho superato la selezione e da lì è partito tutto".
Un percorso lungo due anni...
"Ho avuto la fortuna di trovare un gruppo di persone meraviglioso, guidato dai direttori Marco Demarco e Pierluigi Camilli, a cui devo molto. Ho avuto modo di vivere serenamente la mia disabilità, in poche parole: abbiamo dato sostanza alla parola inclusione".
In che modo?
"Sono stato un redattore a tutti gli effetti. Ho fatto tutto ciò che potevo, ho scritto vari pezzi per il periodico e il sito. Ho migliorato la mia dizione attraverso corsi mirati e ho preso parte anche ai giornali radio interni. Ho, persino, condotto una paio di rassegne stampa. Ma, soprattutto, ho scoperto le mie potenzialità nel rapportarmi con le persone e ho preso consapevolezza dei miei limiti".
Quali sono le difficoltà maggiori riscontrate?
"Non molte considerando la mia condizione. Comunque, principalmente tecniche. Ho dovuto imparare un nuovo sistema operativo, per esempio. Ma anche grazie all'aiuto dei colleghi, sono riuscito a superarle".
Con quali strumenti svolgi, ora possiamo dirlo, la tua professione?
"Principalmente grazie alla mia tastiera Braille sense con cui leggo e scrivo, poggiando le dita su dei cristalli che si alzano e abbassano. C'è il pc (sempre braille, ndr) su cui ricontrollo i miei pezzi grazie alla sintesi vocale. E, ovviamente, le cuffie che integrano i mie apparecchi uditivi senza i quali non riuscirei a sentire proprio nulla".
Incredibile, riesci a fare praticamente tutto...
"Beh, ho ancora qualche problema con le immagini (scherza, ndr). Sono dell'idea che se le cose non si possono fare, si devono conoscere. La mia giornata, infatti, inizia con una buona rassegna, accedendo all'edicola digitale per non vedenti dei vari quotidiani a cui sono abbonato".
Parliamo dell'esame
"È stata una bella rivincita, visto che si è trattato di una seconda volta. Mi sono divertito a fare un ritratto, alla prova scritta, su Ken Loach, un regista britannico, molto attivo sui temi inclusivi e che apprezzo personalmente".
E all'orale?
"Volevo evitare di parlare di argomenti noti. Così ho portato una tesina sulle audio-descrizioni per il cinema accessibile. È stato anche un modo per fare conoscere in quali condizioni vivono le persone come me e direi che la commissione ha apprezzato".
Un grande traguardo, raggiunto, per di più, nel mese in cui si celebra il Disability pride.
"Una bella coincidenza. Vorrei che la mia esperienza trasmettesse alle persone diversamente abili quella voglia di non arrendersi e, soprattutto, il coraggio di fare parte di gruppi senza disabilità. Certo, bisogna essere anche fortunati".
A chi dedichi questo risultato?
"Sicuramente a mia mamma, l'unica persona che ha sempre creduto in me. E, poi, alla fondazione della Lega del Filo d'Oro. In particolare, ci tengo a ringraziare l'associazione di Napoli e il suo responsabile Leopoldo Cozzolino. Mi hanno assegnato un accompagnatore: per due anni mi ha portato da casa, a Castel Volturno, alla scuola di Napoli. Queste realtà fanno un lavoro eccezionale per non lasciare indietro nessuno".
E adesso? Qual è il prossimo obiettivo?
"Prima di tutto, mi dovrò sottoporre a un intervento importante che potrebbe migliorare la mia condizione auditiva. Poi, visto che la radio è una delle mie più grandi passioni, non mi dispiacerebbe per nulla lavorare in una realtà radiofonica. Direttori, se volete, io ci sono".