mutilato e abbandonato in strada

Latina, la moglie del bracciante morto: "Ho implorato il padrone di soccorrerlo ma lui doveva salvare la sua azienda"

"L'Italia non è un Paese buono", il dolore di Sony, vicino al marito in ospedale nelle sue ultime ore di vita. "Ci hanno preso i nostri telefoni per evitare che si venisse a sapere delle condizioni in cui lavoriamo" 

© Tgcom24

 Sony, la moglie del bracciante morto a Latina dopo l'incidente sul lavoro è ancora sotto choc. Ha avuto un malore ed è stata soccorsa da un'ambulanza. Mercoledì 19 ai carabinieri aveva raccontato: "Ho visto l'incidente, ho implorato il padrone di portarlo in ospedale ma lui doveva salvare la sua azienda agricola. Ha messo davanti a tutto la sua azienda agricola".

"Il padrone ha preso i nostri telefoni per evitare che si venisse a sapere delle condizioni in cui lavoriamo. Poi ci ha messo sul furgone togliendoci la possibilità anche di chiamare i soccorsi", ha aggiunto la donna, anche lei indiana. Il marito, il 17 giugno, è stato amputato da un macchinario agricolo nei campi di Borgo Podgora, una frazione di Latina.

Sony parla con gli agenti poche ore dopo aver detto addio al marito, Satnam Singh eil, in una stanza dell'ospedale San Camillo di Roma. Lì, come raccontato su La Repubblica, la donna si è aggrappata fino all'ultimo alla speranza che il marito si svegliasse. "Ho solo te, non te ne andare", supplicava al marito attaccato a un macchinario che lo teneva in vita. "Se muore lui, muoio io. Se vive lui, vivo io", diceva alle persone che erano con lei, tra le quali i medici e Laura Hardeep Kaur, segretaria Flai Cgil di Latina e Frosinone. "È ancora vivo", ripeteva senza fine.

Per il marito in realtà non c'era più niente da fare. Troppo il sangue perso in quei lunghi 90 minuti trascorsi accanto al braccio amputato prima di essere soccorso dall'ambulanza arrivata davanti a casa sua. In ospedale hanno provato a salvarlo per due giorno, ma alla fine, mercoledì 19, la donna ha dovuto chiamare i suoceri dall'altra parte del mondo e dare la triste notizia: "Non ci credo, Satnam è morto, non è possibile. E io che faccio?".

L'uomo, un 31enne indiano, si era ferito il 17 giugno lavorando in nero nei campi tra Borgo Santa Maria e Borgo Montello (Latina). Anche la moglie, di 26 anni, era arrivata in Italia tre anni fa con lui ed era impiegata nella stessa azienda senza permesso di soggiorno per il lavoro, così come tanti altri dipendenti stranieri. Il proprietario dell'azienda, dopo l'incidente avvenuto con un macchinario agricolo, li aveva accompagnati a casa anziché in ospedale: è indagato per omicidio colposo, omissione di soccorso e violazione delle norme sulla sicurezza. Lui si è difeso dicendo che era stato colto dal panico e la moglie continuava a urlare "Casa, casa" e così lui li ha accompagnati lì.

Intanto, iniziano a emergere i particolari della condizione di sfruttamento vissuta da queste persone: 12 ore giornaliere di lavoro per 5 euro l'ora, a raccogliere zucche, zucchine e insalata. "L'Italia non è un Paese buono", conclude Sony incredula. Gli amici di Satnam e Sony, a la Repubblica, hanno parlato di una coppia affiatata, "se lei stava male lui restava a casa, preferiva perdere una giornata di lavoro pur di non lasciarla sola". Non avevano niente se non loro stessi, hanno raccontato.