Il ddl sull’autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario è una legge ordinaria, non costituzionale, che si propone di attuare il Titolo V della Costituzione. Contiene 11 articoli e definisce le procedure legislative e amministrative per l’applicazione del terzo comma dell’articolo 116. In particolare, definisce le procedure per definire le intese tra lo Stato e quelle Regioni che chiedono l’autonomia differenziata.
La legge consente di "trasferire funzioni" dallo Stato, centrale alle Regioni su 23 materie chiave -
Istruzione, università, ricerca, lavoro, previdenza, giustizia di pace, beni culturali, paesaggio, ambiente, governo del territorio, infrastrutture, protezione civile, demanio idrico e marittimo, commercio con l’estero, cooperative, energia, sostegno alle imprese, comunicazione digitale, enti locali, rapporti con l’Unione europea. Quattordici tra esse, definiti diritti civili e sociali, sono materie per le quali occorre rispettare i Lep, Livelli essenziali di prestazione.
Obiettivo -
il disegno di legge presentato dal ministro per gli Affari Regionali, Roberto Calderoli, mira a concedere maggiori poteri e autonomia alle Regioni a statuto ordinario che ne faranno richiesta. Le Regioni avranno maggiore autonomia decisionale e gestionale in settori strategici, pur mantenendo un quadro di garanzie essenziali per i cittadini a prescindere dal contesto regionale di appartenenza.
Concretamente cosa potrebbe cambiare? -
In tutte queste materie, lo Stato potrebbe perdere quasi ogni ruolo, demandando ogni potere alle Regioni. Si potrebbe giungere a regioni che assumono insegnanti, personale amministrativo della giustizia, gestiscono i musei, acquisiscono al demanio regionale strade, ferrovie, fiumi e litorale marittimo, decidono le procedure edilizie, stabiliscono i piani paesaggistici, governano il ciclo dei rifiuti, intervengono a sostegno delle imprese e della ricerca anche nelle relazioni internazionali.
Dalla sanità alla scuola, alla gestione dei trasporti, in futuro potremmo avere 20 sistemi differenti? -
Il rischio c'è perché alle regioni verrebbe attribuita la potestà legislativa sull’intera materia: dalle norme generali all’assunzione di personale, dai criteri di valutazione ai programmi scolastici.
Cosa sono i LEP -
Sono i livelli essenziali di prestazioni (LEP) che dovranno essere garantiti in modo uniforme a tutti i cittadini, indipendentemente dalla Regione di residenza. La definizione di questi standard minimi di servizi da assicurare in tutto il territorio nazionale sarà fondamentale, poiché molto dipenderà dal livello a cui verranno fissati
Le richieste di autonomia -
Devono partire su iniziativa delle stesse Regioni, sentiti gli enti locali. In particolare, si legge: “Si stabilisce che l'atto di iniziativa sia preso dalla Regione interessata, sentiti gli enti locali, secondo le modalità previste nell'ambito della propria autonomia statutaria. L'iniziativa di ciascuna Regione può riguardare la richiesta di autonomia in una o più materie o ambiti di materie e le relative funzioni. Segue il negoziato tra il governo e la Regione per la definizione di uno schema di intesa preliminare”.
Principi di trasferimento -
L' articolo 4, modificato in Aula al Senato da un emendamento di FdI, stabilisce i principi per il trasferimento delle funzioni alle singole Regioni, precisando che sarà concesso solo successivamente alla determinazione dei Lep e nei limiti delle risorse rese disponibili in legge di bilancio. Dunque senza Lep e il loro finanziamento, che dovrà essere esteso anche alle Regioni che non chiederanno la devoluzione, non ci sarà autonomia.
I tempi -
Il governo entro 24 mesi dall'entrata in vigore del ddl dovrà varare uno o più decreti legislativi per determinare livelli e importi dei Lep. Mentre Stato e Regioni, una volta avviata, avranno tempo 5 mesi per arrivare a un accordo. Le intese potranno durare fino a 10 anni e poi essere rinnovate. Oppure potranno terminare prima, con un preavviso di almeno 12 mesi
Gli ordini del giorno di Forza Italia -
Prima del via libera definitivo al provvedimento, la Camera ha approvato i 4 ordini del giorno con cui Forza Italia ha inteso porre la propria impronta al disegno di legge sull'autonomia. Dopo il parere favorevole espresso dal governo per voce del ministro Roberto Calderoli, sono stati accolti i paletti azzurri che prevedono lo stop ai negoziati con le Regioni fino alle definizioni dei Lep con legge delega anche "sugli atti di iniziativa sui quali il confronto sia stato già avviato prima dell'entrata in vigore della presente legge"; la relazione tecnica sull'impatto finanziario da accompagnare ai decreti legislativi sulle intese; l'analisi dell'impatto dell'eventuale trasferimento di materie non-Lep da presentare al vaglio delle Camere; e un'applicazione "rigorosa" della facoltà del Consiglio dei ministri di limitare l'ambito delle materie oggetto di intesa
Vantaggi -
Da un lato, una maggiore vicinanza della rappresentanza al territorio potrebbe aumentare, secondo alcuni studi, l’efficienza istituzionale. I cittadini potrebbero valutare da vicino l’adeguatezza dell’uso delle maggiori risorse a disposizione dell’ente, "premiando o punendo" i governanti attraverso le elezioni. Ma c'è anche un altro lato della medaglia.
Rischi -
I timori sono relativi al fatto che in questo modo si possa aumentare il divario tra Nord e Sud Italia. Nonostante i futuri stanziamenti per rendere omogenei i Lep, i futuri atti d’intesa tra Stato e singole Regioni apriranno per quelle più ricche la possibilità, come già rivendicano, di trattenere il cosiddetto residuo fiscale, ossia la differenza tra quello che versano e quanto ricevono in termini di spesa pubblica. Secondo una simulazione dello Svimez, solo la quota di Irpef e Iva che potrebbe essere trattenuta da Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna vale intorno i 9 miliardi di euro. Il rischio insomma è di favorire l’espandersi del divario tra Nord e Sud del Paese, che già oggi vede lo Stato spendere da Roma in su 17.621 euro per ogni cittadino, che diventano 13.613 per chi vive nel meridione.