La nuova variante KP.3 è diventata dominante negli Usa. Si tratta di una diretta discentente di JN.1 e fa parte di un gruppo di mutazioni che gli scienziati chiamano "FLiRT". Attualmente si stima costituisca tra il 16% e il 37% di tutti i casi Covid-19 nel Paese. Un incremento notevole rispetto al 9,4% dell'11 maggio.
Cos'è la variante KP.3 -
La nuova variante avrebbe una maggiore capacità di trasmissione e sarebbe capace di eludere le difese immunitarie sia dei vaccinati che di chi ha avuto precedenti infezioni. KP.3 è stata isolata per la prima volta nei campioni biologici l'11 febbraio e a maggio è stata classificata come variante da monitorare dall'Organizzazione Mondiale della Sanità. Si differenzia da JN.1 per tre specifiche mutazioni sulla proteina S o Spike, l'elemento che il virus del Covid utilizza per agganciarsi al recettore delle cellule umane, infettarle e scatenare la malattia. Il gruppo "FLiRT", di cui fa parte, indica le varianti in cui si verificano le mutazioni negli amminoacidi sulla proteina S o Spike; quelli classificati come F si scambiano con L, mentre quelli definiti R con T. Tutti questi virus derivano dalla variante originale Omicron, scoperta in Sudafrica alla fine del 2021.
Sintomi e rischi di KP.3 -
Rispetto alle varianti che l'hanno preceduta, KP.3 sarebbe molto meno mortale, anche grazie alla protezione offerta dai vaccini e all'immunizzazione diffusa. I sintomi possono variare da persona a persona. Tra i più comuni ci sono: febbre, brividi, tosse, difficoltà respiratorie, dolori muscolari, cefalea, perdita o alterazione di gusto e olfatto, naso che cola e problemi gastrointestinali.