TRA LE IPOTESI DI REATO ANCHE LA FRODE FISCALE

Caporalato nell'alta moda, disposta l'amministrazione giudiziaria per Manufactures Dior

I pm: borse acquistate a 53 euro dall'azienda e rivendute a 2.600 euro

© Ansa

Il Tribunale di Milano ha disposto l'amministrazione giudiziaria nei confronti di Manufactures Dior, azienda di moda del lusso, ritenuta incapace di prevenire e arginare fenomeni di sfruttamento lavorativo nell'ambito del ciclo produttivo. L'indagine per presunto caporalato è stata coordinata dal pm Paolo Storari e condotta dai carabinieri di Milano ed è simile ad altre già istruite nelle quali si contesta la mancata applicazione di "misure idonee alla verifica delle reali condizioni lavorative, ovvero delle capacità tecniche delle aziende appaltatrici".

Esternalizzata l'intera produzione -

 L'indagine, condotta dai carabinieri del Nil di Milano a partire da marzo, ha fatto emergere come "la moda affidi, attraverso una società in house creata ad hoc per la creazione, produzione e vendita delle collezioni di moda e accessori, mediante un contratto di fornitura, l'intera produzione di parte della collezione di borse e accessori 2024 a società terze, con completa esternalizzazione dei processi produttivi". Dagli atti emerge che un "modello di borsa" acquistato da Dior a un "prezzo pari a 53 euro" da opifici cinesi veniva rivenduto al "dettaglio a 2.600 euro".

Nell'inchiesta anche frode fiscale e abusi edilizi -

 Gli accertamenti investigativi hanno portato gli investigatori del Nil a individuare "una società 'cartiera' regolarmente autorizzata dal brand alla sub-fornitura che non provvedeva in concreto alla realizzazione dei manufatti ma rappresentava un mero serbatoio di lavoratori, i quali una volta assunti venivano impiegati mediante distacco direttamente presso la società appaltatrice lasciando di fatto gli oneri fiscali, contributivi e retributivi a carico della distaccante, così abbattendo i costi da lavoro. Pertanto è stata individuata anche una fatturazione per operazioni inesistenti a carico della ditta sub-appaltatrice". Nell'inchiesta ci sono anche ipotesi di reato di frode fiscale con fatture per operazioni inesistenti e abusi edilizi.

"Rimossi i dispositivi di sicurezza per aumentare la produzione" -

 Negli atti si legge che "è stata riscontrata la rimozione dei dispositivi di sicurezza che hanno lo scopo di impedire che il lavoratore, durante l'utilizzo delle stesse, possa entrare in contatto con i meccanismi mossi elettricamente o che pezzi del prodotto smerigliato possano essere proiettati negli occhi dell'operatore. In particolare, è stata accertata la rimozione dalle macchine taglia strisce e profilatrici e dalle spazzolatrici industriali degli schermi di sicurezza in plexligass; inoltre per due macchinari non erano funzionanti i dispositivi di spegnimento d'emergenza". Secondo l'inchiesta la "rimozione" dei "dispositivi" di sicurezza sui macchinari avrebbe permesso un "aumento della capacità produttiva dell'operatore a discapito della propria incolumità" e di "un elevato rischio di infortunio".

"In caso di controlli gli operai erano stati preparati per dichiarare il falso" -

 Durante le indagini, i militari hanno controllato 4 opifici "tutti risultati irregolari" e identificato "32 lavoratori di cui 7 tra occupati in nero di cui 2 clandestini sul territorio nazionale". La produzione avveniva in "condizioni di sfruttamento" con paghe "sotto soglia", "orario di lavoro non conforme" e "ambienti di lavoro insalubri" oltre a "gravi violazioni in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro". Secondo i pm di Milano Paolo Storari e Luisa Bollone, gli operai degli opifici clandestini che lavorano nella filiera di Dior sarebbero stati "preparati a dichiarare, in caso di controlli, di non essere impiegati nell'azienda, adducendo le più disparate e inverosimili motivazioni circa la loro presenza all'interno dei locali della pelletteria".

Sono così stati denunciati per caporalato e per altri reati 5 imprenditori, tutti "titolari di aziende di diritto o di fatto di origine cinese", e altre 2 persone risultate "non in regola con la permanenza e il soggiorno sul territorio nazionale". Sono infine scattate ammende pari a 138mila euro e sanzioni amministrative pari a 68.500 euro, mentre per quattro aziende è stata disposta la sospensione dell'attività per gravi violazioni in materia di sicurezza e per utilizzo di lavoro nero.

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