Un uomo che sfida a duello una vedova per un debito non pagato; un oratore chiamato a parlare degli effetti negativi del tabacco, eppure capace soltanto di raccontare la propria vita di marito oppresso; una proposta di matrimonio che si trasforma in tragicommedia. Il maestro Peter Stein porta “Crisi di nervi” (tre atti unici di Anton Čechov) sul palcoscenico del Menotti (dal 23 maggio al 9 giugno). Dopo il successo della stagione scorsa con “Il Compleanno” di Pinter, il teatro milanese riabbraccia un regista e un cast di attori in forma strepitosa (Maddalena Crippa, Alessandro Sampaoli, Sergio Basile, Gianluigi Fogacci, Alessandro Averone, Emilia Scatigno).
Stein torna a confrontarsi con uno dei suoi autori prediletti e più studiati, garantendo la solita minuziosa attenzione al testo, il rispetto dell’originale, delle sue atmosfere (la Russia di fine Ottocento) e dei suoi sottotesti, molto importanti nel teatro di Čechov, soprattutto in quella fase in cui, dopo lo scarso successo dei primi drammi, l’autore russo aveva deciso di sperimentare un genere nuovo per lui, ispirandosi alla commedia francese e al vaudeville, molto popolari a quei tempi. In “Crisi di nervi” emerge un Čechov lontanissimo dai suoi capolavori drammatici (come “Il gabbiano”, “Zio Vanja” o “Il giardino dei ciliegi”). Qui lo stile è (almeno apparentemente) leggero, la scrittura brillante, con meccanismi psicologici pirandelliani. Ma a spiccare, soprattutto, è la comicità paradossale. Čechov li definì “scherzi scenici”. Poi però sono diventati autentici classici, rappresentati nei teatri del mondo. “Crisi di nervi” non porta sul palcoscenico la Russia dell’Ottocento, o le solite beghe familiari, ma l’essere umano tutto. Con i suoi tic, le sue miserie, le sue comiche e surreali debolezze.